CALANDRA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliCALANDRA

NOME SCIENTIFICO: Melanocorypha calandra
 

La famiglia delle Allodole conta una novantina di specie. Fra queste, la più grande è la Calandra. Ali lunghe e ampie, coda tozza e squadrata, la Calandra è la “signora” degli spazi aperti. Pascoli, campi, praterie sono il suo habitat d’elezione, il grano e altri cereali il suo “piatto” preferito. Tranne che in primavera, quando questo uccello fa incetta della grande quantità di insetti che si trovano nelle nostre campagne…

Prospettive

I dati di densità rilevati sia in Lazio che in Puglia confermano la preferenza da parte della Calandra per gli ambienti pseudosteppici. Per la conservazione della specie riveste verosimilmente grande importanza il mantenimento di tali ambienti e, secondariamente, dei seminativi misti dove a un uso non eccessivo di pesticidi si accompagnino pratiche agricole il più possibile estensive.

Particolarmente basso risulta peraltro il successo riproduttivo della specie in Italia, con una percentuale di perdita di nidi che in qualche caso può sfiorare anche il 50%, mentre anche in condizioni favorevoli una buona metà della covata non arriverà mai alla schiusa. Tra i fattori che spiegano questi dati, oltre al degrado dell’habitat, va ricordata la locale abbondanza di predatori terrestri come volpi, cani e gatti – essendo il nido della Calandra posto direttamente sul terreno – mentre anche condizioni meteorologiche avverse possono avere conseguenze nefaste sull’esito della nidificazione.

Su scala locale, è possibile considerare il valore di 6 coppie ogni 10 ettari un target di conservazione accettabile in ambienti aperti, che in aree particolarmente vocate alla specie può essere elevato anche a 20 coppie a parità di superficie considerata. A scala di comprensorio, una densità pari a 10 coppie per km quadrato può essere ritenuta idonea per aree caratterizzate da un “mosaico” di ambienti, parte del quale costituito da pseudosteppa o altre praterie (incluse alcune tipologie di colture estensive).

Mantenere il più possibile intatti gli ambienti pseudo-steppici e i seminativi misti abitati dalla specie nell’Italia centrale e meridionale rappresenta una condizione imprescindibile per innescare un’inversione di tendenza e garantire la sopravvivenza a lungo termine delle popolazioni nel nostro Paese. Nelle aree di presenza non andrebbe comunque valicata la soglia minima di 3-4 coppie ogni 10 ettari.