

CAPINERA
NOME SCIENTIFICO: Sylvia atricapilla
È il più paffuto tra i Silvidi, forse anche perché la sua dieta non è costituita solo da insetti, ma anche da piccole bacche e da semi, come quelli dei cachi, di cui è particolarmente golosa e che preferisce mangiare direttamente dal frutto. La Capinera ama vivere sia nei boschi ripariali che in quelli più asciutti. Se la nidiata è in pericolo, i genitori sono infatti pronti ad attirare l’attenzione del predatore fingendosi in difficoltà o magari feriti. Spesso, in questi casi, restano fermi a terra e compiono piccoli salti sbattendo le ali, per poi volare prontamente via non appena il predatore, distratto dal nido, si avvicina loro…
Minacce
La Capinera è attualmente una delle specie meno minacciate tra i Passeriformi. Lo confermano sia i dati sui trend di popolazione – in Italia come nell’intero territorio dell’Unione europea – sia quelli relativi all’areale di presenza, stabile o localmente in incremento. Relativamente omogenei sono i dati raccolti a scala sia nazionale – areale complessivamente stabile – sia a scala biogeografica, non senza fluttuazioni locali come quelle registrate in Valle Scrivia (in calo dal 2001), in Umbria e parte della Romagna.
Una delle problematiche ricorrenti per questa specie è comunque la rimozione della componente arbustiva della vegetazione. Anche “semplici” interventi di manutenzione – come le potature – possono avere effetti negativi, qualora condotti in periodo riproduttivo. Tali azioni possono talvolta comportare, infatti, la distruzione dei nidi, l’abbandono delle covate e – più in generale – la diminuzione della disponibilità di siti idonei alla riproduzione.
Per il resto, la specie mostra ottime doti di adattabilità, sia nei quartieri di nidificazione – ove frequenta un’amplissima gamma di ambienti a quote molto variabili, purché vi sia buona disponibilità di alberi e arbusti – sia in quelli di svernamento dove frequenta indifferentemente savana, foreste di mangrovie, arbusteti e cespuglieti, foreste aperte montane o costiere.
Un potenziale fattore di rischio per la specie è rappresentato dalla predazione al nido. Studi recenti indicano per il nostro Paese – il cui contingente contribuisce per circa il 10% alla popolazione complessiva europea – un successo riproduttivo che oscilla tra 1,76 (in Toscana) e 3,2 (nella pianura bresciana) giovani involati per nido.