FALCO PECCHIAIOLO
NOME SCIENTIFICO: Pernis apivorusMaestoso, volteggia sullo Stretto di Messina e sulle altre isole circumsiciliane. Combatte contro il vento – e contro i bracconieri – per raggiungere e superare le alture del vicino Aspromonte. Diffidente e dalla vista straordinaria, l’Adorno – come è chiamato comunemente in Calabria – fa la spola tra la vetta d’Europa, l’Italia e l’Africa, percorrendo ogni anno, instancabile, migliaia di chilometri…
Ordine: Falconiformes Famiglia: Accipitridae
A prima vista simile Poiana, il Falco pecchiaiolo si distingue anzitutto per il capo esile e per il collo lungo, così come la coda. Ad ali spiegate, il Falco pecchiaiolo può misurare fino a 130 cm, per una lunghezza di poco superiore al mezzo metro, numeri che fanno del Pecchiaiolo un rapace di medie dimensioni.
Pur nidificando prevalentemente nell’Italia peninsulare – in Italia è presente con continuità nella fascia alpina e prealpina e nord appenninica, più localizzato proseguendo verso sud – uno dei luoghi più interessanti per osservarlo è certamente lo Stretto di Messina, quello che nel gergo degli ornitologi si definisce “bottleneck”, cioè “collo di bottiglia”, passaggio obbligato per gli uccelli migratori.
Oggetto purtroppo di un intollerabile attività di bracconaggio soprattutto nella provincia di Reggio Calabria – attività contrastata duramente mentre la caccia al Pecchiaiolo è fuori legge oramai da oltre 40 anni – il Falco pecchiaiolo è un uccello dal piumaggio estremamente variegato in quanto a tonalità cromatiche: a fronte di un piumaggio prevalentemente chiaro nel ventre, infatti, sono presenti diverse “barre” più scure – nelle penne del volo e nella coda – che distinguono il Pecchiaiolo da altri rapaci simili.
Una varietà cromatica che accomuna anche in questo caso questa specie alla più nota Poiana, mentre a parte le tipiche barre sul petto e sul ventre, in generale, il piumaggio può presentare l’intera gamma cromatica che va dal marrone scuro al bianco. Dopo aver trascorso l’inverno a sud del Sahara, i falchi pecchiaioli prendono la via del nord passando dalla Sicilia, da Gibilterra, dal Mar Nero. Solo dopo 40 giorni dalla nascita – massimo una o due uova per coppia – i giovani sono in condizioni di spiccare il volo.
Il Falco pecchiaiolo è stato oggetto di studi approfonditi per quanto riguarda densità e distribuzione in alcuni contesti, specialmente sull’Appennino centro-settentrionale, per quanto riguarda le popolazioni nidificanti, o il transito migratorio in alcuni siti-chiave come lo come lo Stretto di Messina. Allo stesso tempo, tuttavia, mancano completamente informazioni sul tasso di mortalità di questa specie – non essendoci in Italia specie affini – ed è quindi impossibile calcolare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV).
Per lo stesso motivo – mancano anche informazioni essenziali come quelle che riguardano i motivi della scelta, da parte del Falco pecchiaolo, di un particolare sito per costruire il nido – è molto difficile, nonostante i dati parzialmente confortanti, stabilire con precisione lo stato di conservazione di questa specie, nonché la sua possibilità di sopravvivenza nel medio periodo nel nostro Paese. Una specie sicuramente favorita dal ritorno del bosco, pur essendo il Falco un predatore e dunque una specie che esige anche aree aperte per procurarsi il cibo.
A fare la differenza, oltre alla difesa integrale delle norme esistenti per il contrasto al bracconaggio e a una loro scrupolosa applicazione, sono comunque anche in questo caso gli interventi di tutela per mantenere l’habitat nelle condizioni ideali per la vita di questo rapace: mantenere boschi maturi e al riparo dal disturbo da parte dell’uomo durante la stagione riproduttiva, affiancandoli ad aree ad agricoltura estensiva ricche di prati in cui la specie possa procurarsi il cibo.
Nonostante la necessità di approfondire gli studi, è comunque possibile individuare un valore di densità al di sopra del quale una determinata popolazione di Falco pecchiaiolo ha sicuramente uno stato di conservazione favorevole, un valore che può essere fissato, in base agli studi effettuati, in circa 10 coppie ogni 100 km quadrati. È appunto il dato che si riscontra in Italia nelle migliori condizioni (Monti della Tolfa e alcuni siti prealpini), mentre in altre aree la densità oscilla attorno alle 5 coppie per 100 km quadrati.
Il Falco pecchiaiolo nidifica su alberi d’alto fusto, altri anche 20 m. Pur essendo in grado di costruirsi da solo il nido, non di rado occupa nidi lasciati vuoti da altre specie. Abile predatore, si nutre soprattutto di insetti ma anche di rettili, anfibi, uova, piccoli uccelli e mammiferi. Non a caso le uova per coppia non superano di solito le due unità, mentre un piccolo Falco impiega oltre 40 giorni, dalla nascita, per essere in grado di volare.
Essendo un predatore, il Falco pecchiaiolo necessita di territori piuttosto vasti per vivere e riprodursi, anche diversi km quadrati. Solo nella stagione della migrazione il Falco pecchiaiolo si concentra in aree ben precise, come quella dello Stretto di Messina, dove nei decenni passati – e in parte purtroppo ancora oggi – molti esemplari venivano uccisi e catturati dai bracconieri.
Appare ancora questo il pericolo principale per la specie, che è in buona salute nonostante l’esiguità delle popolazioni nidificanti in Italia. Nonostante il continuo contrasto alle attività di bracconaggio che hanno ridimensionato molto il fenomeno, infatti, sono diversi i falchi che vengono ogni anno rinvenuti feriti o uccisi, così come i bracconieri identificati e denunciati.
Una minaccia che si affianca ad altri pericoli – secondari ma comunque importanti – quali i cavi dell’alta tensione, o ancora il disturbo ai nidi o l’esecuzione di lavori di gestione forestale in grado di compromettere il successo della fase di nidificazione. Considerando il bassissimo numero di giovani che nascono ogni anno, si capisce come la salvaguardia di questa fase sia importantissima per mantenere stabile la popolazione italiana di questa specie.
Grazie alle importanti misure di protezione messe in atto in tutta l’Unione europea, il Falco pecchiaiolo ha uno stato di conservazione favorevole nell’intera area comunitaria. La popolazione europea della specie, pari a circa 36-52mila coppie stimate nell’Ue, risulta stabile tra il 1970 ed oggi.
Pur essendo oggetto di protezione da parte delle Direttive comunitarie ed essendo incluso nella Lista Rossa Nazionale, il Falco pecchiaiolo non è stato fatto oggetto di uno specifico Piano d’Azione Internazionale o Nazionale. A costituire un vero e proprio baluardo a difesa della specie, è in realtà la legislazione venatoria, che ne ha vietato parzialmente il prelievo già all’inizio degli anni Settanta, per arrivare qualche anno dopo alla chiusura totale della caccia a questo uccello, particolarmente diffusa – e mai del tutto debellata nonostante l’impegno costante delle Forze dell’Ordine – nella provincia di Reggio Calabria.
Senza questa legislazione, difficilmente la specie sarebbe potuta sopravvivere, con la popolazione italiana che non supera in ogni caso – secondo le stime più favorevoli – le 1.000 coppie. Una popolazione equamente suddivisa tra Lombardia (80-100 coppie), Emilia-Romagna (100-300 coppie) e Toscana (dalle 50 alle 200 coppie), mentre altri siti di nidificazione sono presenti in aree circoscritte anche nel resto dell’Italia peninsulare.
Per il resto, l’Italia per il Falco pecchiaiolo è fondamentalmente un Paese di passaggio. Molti degli esemplari censiti infatti provengono dal Nord Europa (Paesi Scandinavi) mentre è in primavera – più che in autunno – che viene segnalato il numero più consistente di avvistamenti, particolarmente nell’area dello Stretto di Messina, “passaggio obbligato” per tornare dai siti di svernamento alle aree di nidificazione e sul monte Conero nelle Marche.
Solo dall’incremento delle conoscenze su ecologia e demografia della specie potrà derivare una maggiore certezza nel definire “favorevole” lo stato di conservazione del Falco pecchiaiolo in Italia. Importante, nel programmare interventi di tutela della popolazione di questa specie, sarebbe anche avere informazioni sulle condizioni di svernamento nell’africa subsahariana. Ciononostante, la popolazione italiana di Falco pecchiaiolo può essere definita in buone condizioni di salute, essendo peraltro ben rappresentata sull’intero arco alpino e nell’Appennino settentrionale, con presenze più localizzate nel resto dell’Italia peninsulare. Una popolazione che nella maggior parte dei casi appare stabile o in leggero recupero.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | stabile | favorevole |
Popolazione | grossomodo stabile | favorevole |
Habitat della specie | probabilmente stabile | favorevole |
Complessivo | favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
Il richiamo del Falco è probabilmente noto a molte persone, data la presenza di questo magnifico rapace in tanta cinematografia, soprattutto “storica”. Il canto – si potrebbe trascrivere come un “wiiik wiiik wiiiiiiiiiiik”. Particolarmente stridulo e minaccioso – almeno per le piccole prede di cui si nutre – il canto del Pecchiaolo risuona per chilometri, nelle aree aperte.