FALCO PELLEGRINO
NOME SCIENTIFICO: Falco peregrinusDiffuso – e storicamente cacciato – praticamente in tutto il mondo, il Falco pellegrino ha attirato l’attenzione degli studiosi nel Dopoguerra, quando si cominciarono a studiare le conseguenze sulla fauna e sull’uomo del massiccio uso di pesticidi in agricoltura. Intelligente, veloce, abilissimo predatore, fin dal Medioevo è impiegato in falconeria, mentre per gli antichi Egizi era addirittura un simbolo divino, incarnazione del potente dio Horus…
Ordine: Falconiformes Famiglia: Falconidae
Presente in quasi tutto il mondo, il Falco pellegrino conta una ventina di sottospecie. Diffusissimo in Europa – almeno storicamente – attualmente vanta una distribuzione omogenea ma parecchio frammentata, con aree di presenza intervallate ad aree di totale assenza, spesso in seguito a estinzioni avvenute nel secolo scorso.
Grande predatore, il Falco pellegrino dipende fortemente dalla disponibilità di prede, di solito altri uccelli catturati abilmente in volo. Pur non essendo un grande rapace – l’apertura alare non supera di solito i 110 cm, mentre la lunghezza, coda compresa, sfiora il mezzo metro – il Falco pellegrino può cibarsi anche di uccelli di medie dimensioni, grandi almeno quanto un Piccione.
Pur essendo abbastanza intollerante al disturbo umano – e prediligendo quindi di gran lunga aree aperte e selvagge per vivere e costruire il nido – non è raro scorgerlo su costruzioni artificiali quali grandi edifici in città anche fortemente antropizzate, specialmente torri e campanili. Capace di raggiungere in picchiata velocità di poco inferiori ai 300 km orari, si riconosce per il capo nerastro e il piumaggio sfumato nelle varie tonalità del grigio, in forte contrasto con il ventre, tendenzialmente biancastro o giallo, punteggiato di nero.
La femmina è di solito molto più grande del maschio, e depone da 2 a 4 uova in nidi generalmente posti all’interno di cavità in pareti rocciose, più raramente su alberi o campanili. Due le sottospecie che abitano il nostro Paese: la sottospecie nominale peregrinus e una sottospecie tipicamente mediterranea, il Falco peregrinus brookei .
Nell’Italia peninsulare, al 2007, nidificavano circa 535 coppie di Falco pellegrino. Un valore prossimo alla stima dell’intera popolazione nazionale di circa un decennio prima. Negli ultimi anni, la specie ha progressivamente esteso il proprio areale di nidificazione ai centri urbani, “traslando” sugli edifici l’importante funzione che per il Falco pellegrino svolgono le pareti rocciose.
Una capacità di adattamento che ha consentito alla specie di sfruttare l’ampia disponibilità di prede che può offrire un’area urbana, principalmente piccioni e altri uccelli di media o piccola taglia. Con un successo riproduttivo stimato attorno al 50% – con valori particolarmente elevati in ambito alpino – il Falco pellegrino ha ottime possibilità di sopravvivenza nel lungo periodo, anche considerando le stime più prudenti sulla popolazione, ossia un migliaio di coppie nidificanti, e anche abbassando al 43% il successo riproduttivo.
Per questo il Valore di Riferimento Favorevole (FRV) può essere fissato in circa 1.500 coppie, pari alla stima massima della popolazione nazionale attuale. Utile, in ogni caso, una diversificazione per regioni biogeografiche, considerando una popolazione alpina pari a 500 coppie, una peninsulare pari a circa 350, quindi 250 e 200 coppie rispettivamente in Sicilia e Sardegna. Tutte queste popolazioni hanno ottime possibilità di sopravvivenza nel lungo periodo, anche considerando i valori più sfavorevoli in termini di mortalità e successo riproduttivo.
Perché questo scenario confortante per il Falco pellegrino sia mantenuto anche nei prossimi anni, è comunque importante sostenere popolazioni vitali anche in aree dove la specie risulta particolarmente sotto pressione, con particolare riferimento alla necessità di limitare il disturbo ai siti riproduttivi. Pur essendo il fenomeno estremamente più contenuto rispetto al passato, è ugualmente importante tenere sotto controllo il livello di composti chimici dispersi nell’ambiente, potenzialmente pericolosi per questi come per altri predatori che occupano i gradini più alti della “piramide” alimentare.
La popolazione italiana appare in evidente espansione sia numerica che di areale. Emblematico il caso delle Prealpi centrali, dove la specie è ricomparsa solo verso la metà degli anni Ottanta, mentre oggi le coppie nidificanti nella zona si contano a decine. Nel peggiore dei casi, le popolazioni sono in generale incremento in tutte le aree studiate, tanto che la specie oltre che su pareti rocciose ha cominciato a costruire il nido anche in città, su torri e campanili ma anche ciminiere di grandi complessi industriali e tralicci. Un fatto positivo che testimonia la locale saturazione degli habitat preferiti della specie, rappresentati appunto da pareti rocciose naturali.
Finita l’era della caccia selvaggia e dell’abuso di pesticidi – almeno nelle proporzioni in cui questi fenomeni impattavano sulla specie fino a qualche decina di anni fa – è attualmente il disturbo al nido il principale fattore di minaccia per il Falco pellegrino nel nostro Paese, un fattore molto più impattante di altre minacce pure importanti quali la competizione con altre specie, come Gufo e Aquila reale. Soprattutto negli habitat “tipici” di nidificazione quali le pareti rocciose, la specie soffre particolarmente per quelle attività sportive come l’arrampicata, che causa frequente abbandono dei nidi da parte degli adulti. Se questo avviene durante la prima fase della nidificazione, i pulli possono morire di fame o diventano facile preda di altre specie, per esempio i Corvidi.
Anche la realizzazione di elettrodotti, impianti di risalita e altre strutture con cavi sospesi presso le pareti, costituisce un grave fattore di minaccia per la specie, comunque non paragonabile a quello che ha rappresentato, storicamente, l’accumulo dei residui dei pesticidi, fortunatamente moderato dalla messa al bando del DDT a livello internazionale. Nonostante queste minacce che ancora incombono sulla specie, infatti, la popolazione italiana appare in evidente crescita nella regione alpina, dove lo stato di conservazione attuale può essere considerato favorevole.
Un trend più moderato, ma comunque orientato all’incremento, anche nel resto dell’Italia peninsulare, sia nella bioregione continentale che in quella mediterranea. Anche la popolazione insulare appare in buono stato di salute: un esempio su tutti la popolazione sarda, quadruplicata in in 26 anni (40 coppie nel 1979, 150 o forse anche 200 secondo le stime del 2005).
Il Falco pellegrino è presente praticamente in tutte le regioni d’Italia, con la popolazione nidificante che risulta piuttosto stazionaria. Nonostante questo ampio areale di nidificazione, la popolazione nidificante nel nostro Paese non raggiungeva, nel 2004, le 1.000 coppie, mentre una successiva stima ne ha elevato la popolazione nidificante tra le 1.085 e le 1.335 coppie.
Nonostante lo storico declino dovuto prima ad atti di persecuzione diretta quali la predazione delle uova e/o dei pulli da parte dei bracconieri, poi al massiccio uso di pesticidi in agricoltura – specialmente il DDT – oggi la specie risulta in buono stato di salute in tutto il continente europeo. Questo grazie al notevole recupero mostrato dalle popolazioni negli ultimi 20 anni, dovuto sia all’abbandono dell’uso del DDT nelle pratiche agricole sia a una legislazione particolarmente favorevole alla specie, tutelata a livello comunitario dalla Direttiva Uccelli e a livello nazionale dalle severe norme che ne vietano la caccia.
A livello comunitario, resiste una popolazione tra le 7.400 e le 8.800 coppie, pari a una frazione tra un terzo e due terzi della popolazione continentale, pari a 12-25mila coppie. L’Italia ospita una frazione particolarmente significativa di questa popolazione, pari al 15% a livello comunitario, al 4-11% su scala continentale. Altre stime portano addirittura al 20% – un esemplare su cinque – la popolazione italiana di Falco pellegrino nei paesi dell’Unione Europea.
Alla popolazione nidificante nel nostro Paese, si aggiunge poi un contingente di migratori, provenienti dall’Europa centrale e settentrionale (Falco peregrinus calidus ). Si tratta prevalentemente di individui che scelgono il nostro Paese per trascorrere l’inverno, con il Falco pellegrino che può quindi essere considerato un rapace sia nidificante che svernante a livello nazionale.
La popolazione di Falco pellegrino nel nostro Paese appare in crescita praticamente in tutte le regioni. Anche l’areale distributivo appare in forte espansione, con la progressiva colonizzazione di nuovi habitat in cui costruire il nido, specialmente nelle aree urbane dove esiste un’ampia disponibilità di prede. Per questo, e considerando una popolazione attuale quasi certamente prossima – se non superiore – all’FRV, lo stato di conservazione del Falco pellegrino nel nostro Paese può essere giudicato favorevole da tutti i punti di vista.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | in aumento | favorevole |
Popolazione | in crescita | favorevole |
Habitat della specie | stabile | favorevole |
Complessivo | favorevole |
*Variazione della popolazione negli anni
A differenza di altri rapaci, il Falco pellegrino è un uccello piuttosto chiassoso. Non è difficile udirne il richiamo, composto di una serie di suoni acuti e pigolii prolungati, specialmente in quelle aree aperte e selvagge che originariamente costituivano l’habitat preferito di nidificazione. In linea di principio, il richiamo del Falco pellegrino è sempre più diffuso anche nelle nostre città, recentemente colonizzate dalla specie che ha individuato in torri, campanili e ciminiere un ottimo sostituto delle pareti rocciose: se non fosse che il frastuono dell’area urbana è in grado di oscurare qualsiasi melodia, compreso il canto insistente e vigoroso di questo rapace…