NITTICORA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliNITTICORA

NOME SCIENTIFICO: Nycticorax nycticorax
 

Solo l’Australia non vede la presenza di questa specie, diffusa praticamente in tutto il globo. A parte le dimensioni – medie rispetto alla famiglia degli aironi – spicca l’occhio rosso fuoco, tale solo nell’adulto, mentre i giovani presentano un piumaggio meno variegato e occhio giallo o arancione. Stagni, paludi, lagune d’acqua dolcee boschetti planiziali sono il suo regno. A differenza di altre specie che condividono lo stesso habitat, la Nitticora è piuttosto socievole, e costruisce il nido in ampie “garzaie”, insieme ad altre specie dalle abitudini simili…

Prospettive

Vari i fattori che influenzano il successo riproduttivo di questa specie, compresa l’altezza del nido, usualmente posto tra 2 e 50 m dal suolo, dunque sia sopra cespugli che in cima a grandi alberi. In termini di valori medi, è stata registrata in anni recenti una produttività pari a 2,5-3,1 giovani per nido in Pianura Padana, con medie più elevate nelle covate più abbondanti. Una produttività sensibilmente inferiore rispetto a quella censita all’inizio degli anni Novanta, per esempio tra Lombardia ed Emilia-Romagna, in cui i valori medi raggiungevano la soglia di 3,02. Più indietro nel tempo, la produttività risulta ancora più elevata, con 3,37 giovani involati in Lombardia per 3,5 uova deposte mediamente per nido, nel 1997.

Le condizioni riscontrate al di fuori dell’Italia – e segnatamente la siccità sempre più frequente nei siti di svernamento africani – possono spiegare solo in parte le fluttuazioni delle popolazioni nidificanti, con un trend generale che appare orientato al decremento proprio in quelle aree della bioregione continentale che ospitano le popolazioni più importanti della specie. Tra queste, l’intera pianura lombarda-piemontese, e segnatamente le aree risicole, che restano tuttora uno dei siti di principale presenza della specie in Europa continentale.

Pur non essendo agevole formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per questa specie – dalle abitudini coloniali e i cui tassi di mortalità appaiono fortemente influenzati dalle condizioni riscontrate nei siti di svernamento – è abbastanza evidente come la modifica nelle tecniche di coltivazione del riso abbia avuto un impatto abbastanza forte sulle popolazioni della specie. Zone allagate solo temporaneamente, o il passaggio a coltivazioni completamente asciutte, possono aver inciso – e incidere ancor di più in futuro – sulla vita della specie, riducendo notevolmente la disponibilità di prede: pesci, rettili e anfibi.

In generale, sarebbe fondamentale intervenire per riportare la specie al livello di 17-18mila coppie, raggiunto alla fine degli anni Ottanta dopo un periodo di confortante incremento. Un obiettivo da perseguire attraverso la tutela e la gestione diretta dei siti di nidificazione – le garzaie – ma anche promuovendo pratiche agricole in linea con le esigenze ecologiche della specie soprattutto per quanto riguarda la coltivazione del riso.