OCA GRANAIOLA - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliOCA GRANAIOLA

NOME SCIENTIFICO: Anser fabalis
 
Semaforo N.C.

Ghiotta di cereali e leguminose, l’Anser fabalis ha il suo regno “invernale” nelle aree costiere paludose e lagunari che si estendono vicino a vasti campi coltivati. Qui l’Oca granaiola si avventura zampettando alla ricerca di cibo, mentre una sentinella è sempre pronta a dare l’allarme in caso di pericolo. Ma per proteggersi dai nemici ha a disposizione anche un’altra arma, la capacità di mimetizzarsi piuttosto abilmente, nonostante le notevoli dimensioni. Molto più facile è osservarla in volo, spesso nella classica formazione a “V”. In Italia vengono a svernare esemplari provenienti soprattutto da Germania e Olanda, ma la maggioranza della popolazione nidificante in territorio europeo è concentrata in Russia.

Stato di salute

Considerata in uno stato di conservazione favorevole a livello continentale e classificata non in pericolo in Unione Europea, l’Oca granaiola è stata inserita nell’Allegato II della Direttiva Uccelli, ma non può comunque essere preda dei cacciatori nel nostro Paese.

Nel ventennio tra il 1970 e il 1990 la popolazione nidificante nell’Unione europea era rimasta sostanzialmente stabile, mentre era aumentata quella svernante, tendenza confermata nel decennio successivo, con una maggiore stabilità del contingente svernante. Nel 2004 BirdLife International ha stimato tra le 2.300 e le 3.200 coppie nidificanti nell’Unione europea, pari a meno del 5% della popolazione continentale, che è di circa 140mila coppie, concentrate in prevalenza in Russia.

La popolazione svernante nell’Unione europea è invece di 380mila individui. La loro presenza in Italia è stata condizionata, nel periodo dal 1991 al 2000, da un progressivo abbandono dai quartieri di svernamento del Mediterraneo a favore di aree più settentrionali. Nonostante questa tendenza sia in atto da diversi anni, la media della seconda metà del decennio è raddoppiata rispetto a quella del periodo 1991-1995. La punta massima è stata registrata nel 1997 con 327 individui. Un picco che – analogamente a quello registrato nel 1999 – appare difficilmente spiegabile se non a causa di spostamenti indotti dal clima: una motivazione, tuttavia, non supportata né dai dati meteorologici italiani né da altri fattori localizzati nella regione pannonica, il vasto bassopiano dell’Europa Sud-orientale attraversato dal Dunubio dove tuttora svernano gruppi piuttosto numerosi della specie. Il contingente svernante italiano, inferiore allo 0,1% di quello europeo, non risulta comunque particolarmente significativo ai fini della conservazione della specie.

Negli anni Novanta erano 26 i siti occupati almeno una volta da questi uccelli ma, nella maggior parte dei casi, tali siti non ospitano più di 10 individui contemporaneamente. Nel complesso, in Italia la distribuzione della specie risulta estremamente concentrata: basti pensare che il 90% della popolazione è insediata in soli cinque siti e che solo due di questi, le lagune dell’Alto Adriatico, vicine a vasti campi coltivati, hanno ospitato la specie ogni anno. Essendo vicine tra loro, vengono inoltre utilizzate in modo complementare.