PASSERA D'ITALIA - Uccelli da proteggere

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Specie protette dalla Direttiva UccelliPASSERA D'ITALIA

NOME SCIENTIFICO: Passer italiae
 

È il tipico “passerotto” che vediamo in città, ed è in assoluto la specie più nota e quella che ha saputo meglio sfruttare a proprio vantaggio, almeno storicamente, la presenza dell’uomo. Vive, infatti, ovunque: nei casolari, nei palazzi in città o in campagna, indifferentemente. Si adatta meglio di qualunque altra specie agli ambienti più diversi. La Passera d’Italia è una specie strettamente sociale: la sua vita si svolge all’interno di colonie numerosissime, pascola in gruppo, nidifica in gruppo, dorme in gruppo, in ogni circostanza e in tutte le stagioni dell’anno. Rispetto al comportamento molto confidente con l’uomo mostrato in ambiente urbano, in campagna è invece estremamente sospettosa, e ben raramente si lascia avvicinare…

 

Ordine: Passeriformes   Famiglia: Passeridae

Lunga in media 15 centimetri, per un’apertura alare di 24-26 centimetri e peso fino a 30 grammi, la Passera d’Italia presenta, nell’aspetto, grandi differenze tra i due sessi: il maschio sfoggia una livrea appariscente, con dorso e ali marroni, screziati di nero, guance bianche, nuca e testa bruno-nocciola, gola nera e petto grigio; la femmina, come i giovani, si presenta nei colori molto più sbiadita con il dorso bruno-chiaro striato di nero, la nuca beige, petto e gola grigi. Il becco, conico e robusto, è di colore grigio scuro. Il maschio di Passera d’Italia è abbastanza simile alla Passera mattugia, dalla quale si distingue soprattutto per una maggiore estensione del bavaglio nero sul petto e soprattutto per l’assenza della macchia, anch’essa nera, all’interno del bianco delle guance.

La maggior parte degli autori concorda nel ritenere la P. italiae una specie a sé stante, anche se altri la accomunano, anche dal punto di vista tassonomico, alle “cugine” P. hispaniolensis  e P. domesticus . In Italia – ove mostra densità variabili tra 10 e 200 coppie per chilometro quadrato – è nidificante e prevalentemente sedentaria, può nidificare anche in piena stagione fredda e la si ritrova praticamente in tutti gli ambienti, dalle aree urbane ai villaggi, fino all’aperta campagna (mentre nell’arco alpino è presente la Passera europea).

La stagione riproduttiva inizia a marzo: è facile, in questo periodo, scorgere gruppi di passeri che litigano chiassosamente tra loro per la conquista della femmina. Il nido, un voluminoso ammasso di fili d’erba secca con ingresso laterale, è costruito in anfratti di manufatti (sotto le tegole, nei fori di muri, piloni ecc.) o, più raramente, nelle cavità degli alberi. La femmina vi depone dalle 3 alle 6 uova, che cova per 11-14 giorni. I giovani restano nel nido per poco più di due settimane dalla schiusa, ma vengono accuditi dai genitori – o dalla stessa colonia – anche in seguito.

I giovani, una volta completamente autosufficienti, lasciano i genitori naturali e il gruppo originario per “imbrancarsi” con altri coetanei. A questo punto la coppia è pronta per iniziare una nuova covata.

Prospettive

La specie è stata studiata anche in modo approfondito, se pure quasi sempre a livello locale. Mancano infatti studi su larga scala, condotti su serie storiche sufficientemente ampie, finalizzati a individuare i fattori responsabili del declino della specie. Questo aspetto rappresenta probabilmente uno dei principali ostacoli alla formulazione di corrette indicazioni per la sua conservazione, a causa della non esatta conoscenza dei fattori che possono influenzarne densità, sopravvivenza e successo riproduttivo.

Sulla base delle conoscenze disponibili, si può comunque proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 12 coppie per 10 ettari a scala locale e a 200 coppie per kmq a scala di comprensorio. Naturalmente questi valori basati sulla densità sono significativi solo qualora applicati a contesti in cui la specie mostra una distribuzione più o meno omogenea, con coppie sparse, mentre non possono essere utilizzati per le situazioni in cui la specie nidifica principalmente in colonie (ad esempio in cascine o “torri passeraie”, dove possono riscontrarsi notevoli concentrazioni di coppie nidificanti).

Per assicurare un futuro alla specie bisogna in ogni caso favorirne la presenza mantenendo condizioni idonee alla riproduzione nei siti ospitanti coppie nidificanti (a cominciare appunto dalle cascine, torri passeraie, ecc), rendendo eventuali interventi di ristrutturazione compatibili con le sue esigenze ecologiche. Le stesse problematiche riscontrate nelle parti più antiche dei centri urbani sono probabilmente da mettere in relazione con gli interventi di ristrutturazione degli edifici condotti in modo massiccio anche in periodo riproduttivo.

Da rilevare infine come gli interventi di caccia in deroga, consentiti in diverse regioni italiane, negli ultimi anni si sono dimostrati non più compatibili – a fronte dei declini riscontrati – con la conservazione della specie nel nostro Paese.

Minacce

Come la Passera europea a livello continentale, anche la Passera d’Italia ha mostrato un declino notevole negli ultimi decenni, le cui cause sono difficili da individuare con precisione. Tra i fattori che possono avere concorso a determinarne il calo, la riduzione dei siti idonei alla nidificazione causati da ristrutturazione e ammodernamento di antichi edifici, la diminuzione di specie preda importanti per l’alimentazione dei pulcini, la diminuita disponibilità di cibo anche al di fuori della stagione riproduttiva causata da cambiamenti nelle pratiche agricole.

In Italia, su scala biogeografica, particolarmente evidente risulta la contrazione registrata in Lombardia, con un declino medio del 49% tra il 1996 e il 2006, con punte del 62% per i centri storici, a fronte di un declino più moderato (di poco inferiore ai 30 punti percentuali) nelle aree peri-urbane. In probabile e lenta ripresa in Romagna, segnatamente in provincia di Rimini – dopo una fase di prolungato e marcato declino – la popolazione di Passera d’Italia vive un quadro critico anche in Toscana (ad esempio in provincia di Livorno dove è stata accertata una diminuzione del 53,6% tra il 1992-1993 e il 2006).

In termini generali, il declino dei Passeri nelle aree urbane europee sembra essere in qualche modo legato ai cambiamenti socio-economici avvenuti negli ultimi quarant’anni: è probabile infatti che le aree soggette a maggiore sviluppo abbiano subito cambiamenti abnormi della struttura dell’habitat, con conseguente impatto sul successo riproduttivo, disponibilità di cibo e rischio di predazione per la specie.

Dal punto di vista del successo riproduttivo, è stata riscontrata un’influenza particolarmente significativa da parte di fattori meteoclimatici. I dati disponibili per l’Italia evidenziano un successo riproduttivo, per la popolazione siciliana, pari al 60%. La dimensione media della covata varia tra 4,9 e 5,6 (Toscana e Lazio) mentre la percentuale d’involo dei pulcini supera di poco l’80%. A fronte di un massimo di 4 covate l’anno, i giovani involati risultano in media pari a 7,3.

Stato di salute

A causa della non univoca opinione degli esperti sulla tassonomia della specie, non è utile considerare i dati riportati dal rapporto BirdLife International (2004) che riportano una popolazione complessiva della specie per il nostro Paese di 50.000-100.000 coppie (Passer domesticus/italiae ). Più significativi sono i dati riportati da altri autori che indicano una popolazione complessiva di 5-10 milioni di coppie negli anni ’90: è probabile tuttavia che il contingente attuale sia ampiamente inferiore a questo valore.

Evidenti sono, infatti, i segni di declino della popolazione nazionale. Nel 2000-2005 l’andamento medio della specie denota una diminuzione, con una variazione media annua al ribasso pari al 6,1% e una differenza dell’indice di popolazione tra il 2000 e il 2005 superiore ai 27 punti percentuali. Il declino del contingente italiano della specie potrebbe essere quindi stimato in una riduzione del 50% degli effettivi negli ultimi 10 anni, un declino più pronunciato nelle aree urbane e – soprattutto – nei centri storici. Anche i dati del progetto MITO 2000 per il periodo 2000-2009 indicano, coerentemente con questo scenario, una tendenza generale al declino, se pure più moderato (meno 4,63%).

La popolazione italiana include praticamente l’intera popolazione globale della specie, ad eccezione dei nuclei corso e maltese e del Canton Ticino. L’Italia ha pertanto la massima responsabilità nella sua conservazione.

Ad oggi, non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie, che non risulta inclusa in nessuna convenzione internazionale. La Passera d’Italia non è stata considerata nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie cacciabile in alcune province italiane in base alle deroghe previste dalla Direttiva Uccelli (79/409). 

Semaforo

Il marcato declino mostrato dalla specie un po’ ovunque segnala una situazione preoccupante per la Passera d’Italia. Le cause del declino sono peraltro di difficile identificazione. Il degrado dell’habitat ha giocato probabilmente un ruolo non secondario nel determinare la riduzione dei siti idonei ad ospitare i nidi, portando con sé anche una diminuita disponibilità di cibo e l’aumento del numero di predatori di uova e pulcini.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* Stabile Favorevole
Popolazione In marcato calo Cattivo
Habitat della specie Verosimilmente degradato Inadeguato
Complessivo   Cattivo

*Variazione della popolazione negli anni

Canto

Anche se il maschio non si esibisce in un vero e proprio “canto territoriale”, la Passera d'Italia è una specie molto rumorosa: maschi e femmine producono continui richiami, sotto forma di cinguettii in varie tonalità, che possono raggiungere un volume molto elevato in presenza di gruppi numerosi di individui. Cosa peraltro non infrequente, date le abitudini strettamente “sociali” della specie.