Corridoi di migrazione - Uccelli da proteggere

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Corridoi di migrazione

Falco di palude, di F. Damiani
 

“Il fianco destro di Scilla,
il sinistro Cariddi implacabile tiene,
e nel profondo baratro
tre volte risucchia l’acqua,
che a precipizio sprofondano,
e ancora nell’aria
con moto alternale scaglia,
frusta le stelle con l’onda”
Virgilio (Eneide III 420-23)

Passaggio obbligato. Questa la migliore definizione di questa tipologia ambientale, resa con particolare efficacia dal termine inglese che la identifica: “bottleneck ”, collo di bottiglia. Lo sono stati, storicamente, per i marinai, che si avvicinavano con timore allo stretto di Messina, dove la mitologia narra della presenza dei “mostri” Scilla e Cariddi.

Scilla, in greco “colei che dilania”, presente sul versante calabrese. Cariddi, “colei che risucchia”, nella vicina Sicilia. Sia l’Odissea sia l’Eneide hanno esaltato quello che è il più importante “bottleneck ” italiano – e tra i più importanti dell’intero “Paleartico occidentale” – ossia lo Stretto di Messina.

Solo in tempi molto recenti dal “punto di vista” dei marinai si è affiancato quello degli uccelli migratori. Solo in tempi recenti, al dibattito sull’opportunità di costruire nuove infrastrutture per “vincere” definitivamente la battaglia con Scilla e Cariddi, si è affiancata una nuova sensibilità, mirata ad assegnare la giusta importanza a siti che vedono ogni anno il passaggio di decine di migliaia di uccelli in viaggio durante la migrazione.

Di per sé grande corridoio di migrazione per tutta una serie di specie che scelgono “la via italiana” per raggiungere i quartieri africani di svernamento, l’Italia ha un ruolo sostanziale per contribuire al successo di questo viaggio. Lo Stretto di Messina – e gli altri crinali e promontori costieri inquadrabili quali “bottleneck ” – rappresenta poi un passaggio cruciale, come lo era per i marinai dell’età classica. Un passaggio irto di pericoli, e di nemici, che per gli uccelli migratori non sono Scilla e Cariddi, ma piuttosto i bracconieri, che causano ogni anno centinaia di vittime tra popolazioni particolarmente tutelate – come i rapaci – alcune delle quali minacciate di estinzione.