CODIROSSONE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliCODIROSSONE

NOME SCIENTIFICO: Monticola saxatilis
 

Il Codirossone sceglie, come habitat, i versanti rocciosi ad alta quota, che presentano terreni sassosi e praterie. Di temperamento piuttosto scaltro, quando è posato risulta difficilmente individuabile per la sua tendenza a restare immobile per mimetizzarsi. Durante il periodo riproduttivo il maschio, per impressionare la compagna, compie voli verticali ascensionali, per poi scendere al suolo a paracadute.

 

Ordine: Passeriformes 

Famiglia: Turdidae

Il Codirossone predilige l’ambiente montano e lo si può incontrare a un’altitudine compresa tra i 300 e i 2.000 metri sopra il livello del mare. Talvolta però si incontrano individui anche ad altitudini superiori, fino a 3000 metri. L’ambiente ideale di questa specie presenta nude pareti rocciose, caratterizzate da una vegetazione prevalentemente erbacea piuttosto rada. Si nutre principalmente di insetti che cattura a terra o in volo, di invertebrati, bacche, lucertole e anfibi.

La specie è ben distribuita su tutta l’Europa mediterranea e il suo areale di presenza si estende dalle montagne dell’Europa centrale e meridionale alla Mongolia e alla catena africana dell’Atlante. Durante il periodo di svernamento raggiunge le savane a sud del Sahara. Staziona in Italia nella stagione estiva: arriva nei mesi di aprile e maggio, periodo in cui ha inizio la fase della riproduzione, e abbandona la Penisola tra agosto e fine settembre.

Il Codirossone raggiunge una lunghezza che varia dai 19 ai 21 cm, mentre il peso oscilla tra i 55 e i 65 grammi. Il maschio cambia d’abito a seconda della stagione: d’estate presenta un piumaggio grigio-blu sul capo e sul groppone, dove è intervallato da alcune macchie bianche. Le parti inferiori presentano la caratteristica tonalità arancione che si mantiene anche durante i mesi invernali, mentre le parti superiori, in questo periodo dell’anno, acquisiscono una sfumatura bruna simile al piumaggio della femmina, che si distingue per la presenza di alcune screziature biancastre. Petto e coda presentano una tonalità castano-arancio più sbiadita rispetto a quella del maschio. In entrambi i sessi becco e zampe sono di colore nero.

Il periodo della nidificazione coincide con i mesi di maggio e giugno, quando la femmina depone l’unica covata annuale, costituita solitamente da quattro o cinque uova di color azzurro tenue. Il nido, a forma di coppa, viene costruito da entrambi i genitori utilizzando erba e muschio e viene incastrato tra le spaccature e le cavità delle rocce o nei buchi di vecchie case di campagna in rovina. La schiusa delle uova avviene dopo due settimane e, successivamente, sia il maschio sia la femmina portano avanti lo svezzamento dei pulcini.

Prospettive

Nonostante le cattive condizioni di salute, il Codirossone è una specie a cui non sono stati dedicati studi approfonditi, fatta eccezione per alcune ricerche condotte a livello locale. Gli aspetti che richiedono un maggior approfondimento sono quelli riguardanti l’ecologia e la dinamica della popolazione, soprattutto in ambito alpino, prealpino e appenninico. È auspicabile inoltre concentrarsi sulle peculiarità ecologiche della specie, al fine di elaborare efficaci azioni di conservazione.

Sulla base dei dati a disposizione, è possibile stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), che a livello locale si attesta sulle 4 coppie ogni 10 ettari. Questo valore, in condizioni ottimali, può essere superato, ma solitamente i dati registrati nelle singole aree si attestano al di sotto di quello nazionale. Sarebbe auspicabile avviare degli studi per stabilire FRV più dettagliati a seconda dei diversi contesti geografici e ambientali.

Al fine della conservazione della specie, sarà necessario procedere inoltre a un monitoraggio più approfondito dei mutamenti climatici che stanno interessando sia le aree di nidificazione sia i siti di svernamento. Il Codirossone, infatti, predilige zone con clima continentale caldo, steppico e mediterraneo e per questo sceglie spesso aree montane assolate e asciutte. Qui staziona durante il periodo della nidificazione, costruendo il nido tra i 1.200 e i 3.000 metri d’altitudine. Durante lo svernamento in Africa tropicale i codirossoni si concentrano nella savana e in zone soggette a erosione. Entrambe queste aree appaiono, ad oggi, particolarmente interessate dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Per limitare il costante declino che tuttora la popolazione fa segnare è necessario impegnarsi in una gestione “attiva” dell’habitat riproduttivo, su cui incidono sfavorevolmente anche casi di predazione e abbandono del nido. È inoltre necessario predisporre interventi mirati alla conservazione delle attività agro-pastorali tradizionali e non intensive – in grado al contempo di tutelare l’habitat riproduttivo della specie e di sostenere le sue abitudini alimentari – e, soprattutto, monitorare le dinamiche di avanzamento della vegetazione nelle brughiere di alta montagna.

Minacce

Per nidificare e riprodursi il Codirossone necessita di ambienti quali brughiere, praterie o vigneti, tutti ambienti che si caratterizzano per una vegetazione rada. Costituisce dunque una potenziale minaccia per la specie l’abbandono delle attività legate alla pastorizia e all’agricoltura tradizionali, tendenza che inevitabilmente porta all’estensione dei boschi e all’arretramento degli spazi aperti, costringendo il Codirossone a cercare nuove aree di nidificazione. Questo fenomeno riguarda principalmente gli individui che stazionano a quote inferiori ai 2.000 metri.

Ma l’abbandono della pastorizia è un fattore negativo anche per altri motivi. Le osservazioni hanno infatti documentato una concentrazione di individui nelle aree di montagna dedicate al pascolo: questo perché gli animali che vi vengono allevati attirano un gran numero di insetti, alla base dell’alimentazione del Codirossone. Un’ulteriore minaccia per la specie – insieme al venir meno dell’habitat riproduttivo e delle necessarie risorse alimentari – può derivare dal crollo o dalla ristrutturazione di edifici rustici nelle cui crepe il volatile è solito deporre le uova, episodi non infrequenti che incidono direttamente (e a volte sensibilmente) sull’esito della riproduzione.

Per il Codirossone,  risultano accoglienti anche pareti e pendii rocciosi poiché su queste superfici la crescita di una vegetazione arborea rigogliosa è pressoché impossibile, consentendo il mantenimento di condizioni ottimali per la riproduzione e la sopravvivenza. Per questo, anche pratiche comuni quali l’arrampicata sportiva possono rappresentare una seria forma di disturbo per la specie, specialmente negli spazi aperti ad altitudini elevate ove siano presenti rocce sporgenti su cui il Codirossone si posa o – a maggior ragione – con crepe o spaccature all’interno delle quali costruisce il nido.

Negli ambienti di montagna insistono poi una serie di interventi umani mirati alla prevenzione di valanghe o incendi, che prevedono opere di alterazione del paesaggio come la limitazione o la restrizione degli ambienti aperti. Tali pratiche vanno a incidere fortemente sulla sopravvivenza della specie, che ha già fatto registrare casi di estinzione nelle brughiere del Nord Italia. Infine, è probabile che le variazioni climatiche che sempre più spesso si registrano nelle aree di svernamento, incidano in modo sempre più significativo sulla stabilità delle popolazioni.

Stato di salute

La specie è in declino sia nell’Unione europea sia a livello continentale. Sul Codirossone non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale e la specie è inclusa come vulnerabile nella più recente Lista Rossa Nazionale. In Italia figura comunque tra le specie non cacciabili ai sensi della legislazione venatoria vigente.

La popolazione nidificante dell’Unione europea ha conosciuto un moderato declino nel ventennio tra il 1970 e il 1990, per arrivare a raggiungere una situazione di relativa stabilità nel decennio successivo. Il numero di coppie presenti nell’area dell’Unione europea oscilla tra le 28mila e le 61mila. Una cifra che dovrebbe rappresentare il 19-28% della popolazione continentale e il 5-24% di quella globale complessiva. La popolazione nidificante continentale è invece stimata in 100mila-320mila coppie.

L’Italia gioca un ruolo da protagonista nella conservazione della specie, in quanto la sua popolazione nidificante si attesta tra le 5mila e le 10mila coppie, pari al 16-18% della popolazione dell’Unione europea e a circa il 3-5% circa della popolazione nidificante del continente. Numeri importanti che fanno riferimento a uno scenario, nel complesso, tutt’altro che confortante: la popolazione italiana risulta infatti in costante declino e si sono registrati anche casi di estinzione a livello locale negli anni Novanta, situazione che resta preoccupante anche nell’ultimo decennio, caratterizzato da un andamento incerto.

In Piemonte, per esempio, si è registrato un sensibile declino della popolazione che, a fine anni Novanta, ha fatto registrare un calo del 34% rispetto al decennio precedente. In provincia di Biella, in particolare, le 13 coppie presenti nel 1952 si sono ridotte a una sola nel 1995.  Tendenza simile anche in Lombardia, dove negli anni Novanta le coppie stimate erano 500-1.000. Nella provincia di Brescia si è passati dalle 3,5 coppie ogni 10 ettari in situazioni ottimali a 0,5 coppie a parità di superficie.

Nella provincia di Varese, il costante declino avviato negli anni Cinquanta ha portato a un’estinzione della specie nelle aree collinari. Analogamente, nelle province di Trento e Bolzano la popolazione è in costante diminuzione e, anche in Emilia-Romagna, la situazione appare molto critica dopo il trend positivo fatto registrare negli anni Sessanta. In Toscana, le coppie si attestano tra le 100 e le 300, dopo il trend di crescita negativo iniziato dagli anni Ottanta. In Sicilia e Sardegna le coppie individuate sono rispettivamente non più di 15-30 e 25-40.

Semaforo

La popolazione è in costante declino anche a causa della contrazione e del progressivo degrado dell’habitat riproduttivo. A giocare a sfavore del Codirossone sono infatti, da un lato, i mutamenti nelle pratiche agro-pastorali tradizionali – con conseguente abbandono della montagna e avanzamento del bosco – uniti agli effetti dei cambiamenti climatici sia nei siti di nidificazione sia nei quartieri di svernamento. Per questi motivi lo stato di conservazione della specie – rispetto al quale il nostro Paese riveste un importanza cruciale – è da considerarsi, allo stato delle cose, del tutto insoddisfacente.

 

Fattore Stato di salute Stato di conservazione
Range* In contrazione Cattivo
Popolazione In calo Cattivo
Habitat della specie In diminuzione e/o degrado Cattivo
Complessivo   Cattivo

*Variazione della popolazione negli anni 

Canto

Il canto del Codirossone si compone di numerosi e vivaci cinguettii emessi a breve distanza l’uno dall’altro che vanno a comporre una melodia flautata. La tonalità si mantiene piuttosto acuta, mentre il ritmo è incalzante e vivace. Il suo canto può ricordare quello del Merlo, ma si presenta, a un ascolto più attento, maggiormente deciso e sostenuto.