

COTURNICE
NOME SCIENTIFICO: Alectoris graeca saxatilis
In grado, secondo gli antichi greci, di tenere alla larga maghi e spiriti maligni, la Coturnice si trova a proprio agio in pendii soleggiati e pietrosi. Per secoli in simbiosi con agricoltori e pastori, resiste sulle montagne italiane in quel che resta del proprio habitat originario. Agile e piuttosto combattiva di solito si muove sul terreno, ma non trova difficoltà a rifugiarsi sulle cime degli alberi in caso di imminente pericolo …
Minacce
Nella specie è stata accertata una forte correlazione tra progressiva frammentazione delle popolazioni e declino delle stesse. Una correlazione più che proporzionale, essendo la connettività tra le diverse sub-popolazioni una condizione dirimente per la sopravvivenza della specie.
Tralasciando atti di persecuzione diretta e variabili climatiche che influiscono su questa come su altre specie di uccelli, è da rilevare una netta dipendenza della Coturnice da quella che storicamente è stata l’agricoltura e la pastorizia in montagna, che favoriva il mantenimento di quegli ambienti aperti – pascoli e radure – fondamentali per la sua sopravvivenza. Una simbiosi che è venuta meno con il progressivo abbandono di queste attività, che ha portato a una notevole contrazione dell’habitat disponibile.
Altre minacce importanti per la specie sono costituite dagli individui di allevamento rilasciati a scopi venatori. Di origine differente rispetto alle popolazioni locali e spesso frutto di “incroci” con altre specie come la Chukar, le coturnici di allevamento non hanno lo stesso successo riproduttivo di quelle selvatiche. Una certa sovrabbondanza di parassiti – su tutti il Tetrathydium – pare poi avere conseguenze particolarmente nefaste in termini di mortalità.
Il problema principale resta comunque quello dell’habitat, in quanto la Coturnice, a differenza di altri Galliformi, evita accuratamente gli ambienti forestali. Un tempo costellate di prati e pascoli, le aree di nidificazione – che si trovano a quote altimetriche comprese tra i 900 e i 2.700 metri – sono spesso state in parte riconquistate dalla foresta, con effetto particolarmente negativo sulla specie.