

COTURNICE
NOME SCIENTIFICO: Alectoris graeca saxatilis
In grado, secondo gli antichi greci, di tenere alla larga maghi e spiriti maligni, la Coturnice si trova a proprio agio in pendii soleggiati e pietrosi. Per secoli in simbiosi con agricoltori e pastori, resiste sulle montagne italiane in quel che resta del proprio habitat originario. Agile e piuttosto combattiva di solito si muove sul terreno, ma non trova difficoltà a rifugiarsi sulle cime degli alberi in caso di imminente pericolo …
Stato di salute
Il fatto che la Coturnice nidificasse, storicamente, anche in Europa centrale – nell’area lungo il Reno – lascia intuire quanto si sia ridotto, negli ultimi decenni, l’areale di presenza di questa specie. Attualmente, la Coturnice si trova in uno stato di conservazione sfavorevole sia a livello dell’Unione europea sia su scala continentale.
Considerando che l’attuale areale di nidificazione è in pratica equamente suddiviso tra le due sponde dell’Adriatico, è grande la responsabilità dell’Italia per la conservazione di questa specie, poiché ospita almeno la metà della popolazione “comunitaria”. In cifre, la popolazione europea è stimata in 40-78mila coppie, 20-37mila delle quali vivono entro i confini dell’Unione Europea, mentre la popolazione italiana ammonta ad almeno 10-20mila coppie.
Mai oggetto di un Piano d’Azione Nazionale o Internazionale, la Coturnice viene tutelata dalla Direttiva Uccelli mentre è classificata dalla Lista Rossa Nazionale, come “specie vulnerabile”. Sfortunatamente, la popolazione italiana appare in declino da oltre cinquant’anni. Diverse le cause che spiegano questo trend, tendenzialmente dipendenti da modificazioni nell’habitat – e in seconda battuta dalla presenza di parassiti – che hanno portato a un progressivo decremento delle popolazioni, a una loro frammentazione e a fluttuazioni cicliche che si sono comunque risolte con una contrazione sia a livello di consistenza delle popolazioni sia in termini di areale.
Dopo i cali “storici” più drastici – che hanno coinvolto soprattutto le Alpi orientali negli anni ’50 – il declino è proseguito più a ovest, fino a raggiungere negli anni Settanta le Alpi marittime. Questo declino storico – proseguito anche in tempi recenti, se si confronta ad esempio la stima attuale con quella del 1994, quando il livello più basso della “forbice” stimata era pari a 13mila coppie – ha innescato un circolo vizioso causando una notevole frammentazione delle popolazioni e incrementando quindi le probabilità di estinzione della specie nel nostro Paese.