STERNA COMUNE
NOME SCIENTIFICO: Sterna hirundoAbilissima nel volo, è in grado di compiere tuffi spettacolari per procurarsi il cibo. Questo grazie all’apertura alare, molto ampia per un uccello dalle dimensioni dopotutto modeste, e soprattutto grazie alla lunga coda biforcuta, che permette alla Sterna comune un controllo assoluto delle “manovre di volo”. Un’abilità che ricorda molto da vicino quella delle rondini. Anche per questo, la Sterna comune è a volte conosciuta con il nome di “Rondine di mare”…
Prospettive
La Sterna comune è una specie ben conosciuta e monitorata. Alcune popolazioni sono state studiate ancor più nel dettaglio, come per esempio, in Italia, quella del Po e della Laguna di Venezia (arrivando per esempio a stabilire anche la dimensione ottimale delle colonie che qui trovano il loro habitat di nidificazione). Per stabilire target di conservazione il più possibile accurati vengono in aiuto anche studi internazionali su tasso riproduttivo e mortalità, dai quali emerge ad esempio che almeno il 14,3% degli individui giovani sopravvive fino alla riproduzione, mentre la mortalità negli adulti si aggira attorno all’8% l’anno.
Sulla base di questi parametri, si possono poi individuare le due principali popolazioni della specie presenti in Italia, quella continentale e quella sarda. Per la prima non è possibile stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), trattandosi di specie coloniale con una popolazione superiore alle 2.500 coppie . Per quanto riguarda la popolazione sarda, dall’andamento sostanzialmente fluttuante seppure orientato al generale incremento, si è ritenuto di calcolare la Minima Popolazione Vitale prendendo in considerazione scenari relativamente poco favorevoli in termini sia di mortalità sia di successo riproduttivo: se ne ricava un valore pari a 3.150-3.200 individui, corrispondenti a circa 1.500 coppie.
Se questo target può essere proposto come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la popolazione sarda, appare chiaro come l’attuale consistenza delle colonie sia ancora abbastanza distante da tale valore, suggerendo cautela nell’interpretazione di un andamento che, su base storica, si è dimostrato tutto sommato positivo. Analoghe considerazioni possono valere per lo scenario continentale, dove a un trend generale orientato alla stabilità o al moderato incremento si accompagnano fluttuazioni locali anche vistose.
In tutte queste situazioni sarebbero necessari interventi per favorire la ripresa delle popolazioni in calo, tutelando adeguatamente i siti di nidificazione e dove necessario intervenendo direttamente per incrementare la “disponibilità ambientale” di siti idonei. Il problema, per esempio, della totale regimazione dei fiumi che ha causato la scomparsa di molti dei siti idonei per costruire il nido, potrebbe essere parzialmente risolto mediante la posa di zattere galleggianti per favorire la nidificazione. Una misura già testata, con buoni risultati, sia in Italia sia in Europa. Come target di conservazione a breve-medio termine possono in ogni caso essere considerati i valori più alti registrati dalle popolazioni nei diversi settori di presenza: raggiungerli significherebbe, in pratica, avere annullato o limitato gli effetti delle fluttuazioni registrate a livello locale, potendo quindi guardare al futuro di questa specie con maggiore ottimismo.