ALBANELLA MINORE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliALBANELLA MINORE

NOME SCIENTIFICO: Circus pygargus
 

Agile e snella, l’Albanella minore era un tempo compagna affezionata degli agricoltori, che talvolta potevano scorgerne il nido, rigorosamente posato sul terreno nel frumento. Poi è venuta la meccanizzazione, e i pesticidi, e l’Albanella si fa notare più raramente, ripiegando su zone umide o terreni incolti. Soltanto d’estate, però, poiché la stagione invernale preferisce trascorrerla al caldo, nella lontana Africa subsahariana…

Prospettive

Sono stati effettuati o proposti in numerose regioni europee interventi volti a evitare la distruzione delle covate e delle nidiate nelle aree coltivate. Altre misure necessarie consistono nella salvaguardia di prati e pascoli e più in generale nella tutela dell’habitat delle specie preda, in quanto il successo riproduttivo dell’Albanella minore appare estremamente condizionato dall’andamento ciclico delle specie preda.

Mantenere paesaggi agricoli tradizionali e gestirli attentamente collaborando attivamente con gli agricoltori – ad esempio per ridurre l’impatto della mietitura sul successo riproduttivo della specie – rappresentano attualmente le principali misure necessarie per la conservazione dell’Albanella minore in Italia. Potenzialmente molto importanti per la conservazione della specie risultano anche le condizioni riscontrate nei siti di svernamento.

Considerando la distribuzione attuale della specie e l’elevata mobilità della stessa – nonché l’abitudine a non legarsi, come invece avviene per altri rapaci e non solo, a un preciso luogo in cui nidificare ogni anno – sono identificabili due grandi macro-popolazioni italiane di Albanella minore, corrispondenti ad altrettanti areali intesi in senso vasto. La prima è quella padano-adriatica (Pianura padana e costa centro settentrionale, senza particolari soluzioni di continuità tra le popolazioni) la seconda tirrenica (Toscana e in parte Lazio) totalmente separate tra loro dall’Appennino.

In termini di valore di riferimento favorevole, considerando i parametri riproduttivi e di mortalità, per la popolazione tirrenica può essere proposto un valore di circa 300 coppie, per un totale di mille individui, mentre per la popolazione padano-adriatica potrebbe essere sufficiente l’attuale popolazione censita, nell’ordine delle 250 coppie.

Se per la popolazione tirrenica è auspicabile un forte incremento per garantirne la sopravvivenza nel lungo periodo (attualmente le coppie censite sono tra le 65 e le 125) anche per la popolazione padano-adriatica sarebbe opportuno il raggiungimento della quota portante di 300 coppie, visto il trend generale localmente non favorevole, la presenza di consistenti oscillazioni demografiche, la fluttuazione del successo riproduttivo a seconda delle aree considerate.

In particolare, possono giocare un ruolo chiave per questa specie azioni di salvaguardia diretta dei nidi, come già sperimentato in diverse aree europee. Interventi a maggior ragione importanti in quelle aree che ospitano popolazioni più consistenti e a più alta produttività, fermo restando la necessità di tutelare in modo specifico la popolazione tirrenica, particolarmente ridotta rispetto alla probabilità di una sua sopravvivenza nel medio e lungo periodo.