BARBAGIANNI
NOME SCIENTIFICO: Tyto albaSin dal Medioevo, è pensiero comune che streghe e spiriti malvagi assumano la forma di questo rapace notturno, diffuso in gran parte del globo terrestre. Ma il volo leggero e silenzioso che nottetempo lo porta a sorvolare le campagne e il canto lugubre non devono trarre in inganno: il candido Barbagianni è infatti di grande utilità per l’uomo, e in particolare per gli agricoltori, grazie alla sua predilezione per piccoli mammiferi come topi, talpe e arvicole…
Ordine: Strigiformes Famiglia: Tytonidae
Il Barbagianni è un rapace notturno, sedentario, grande circa una trentina di centimetri. Possiede una notevole apertura alare – anche fino a 1 metro di ampiezza – che sfrutta in lunghi voli notturni in aperta campagna, durante le battute di caccia. Rane, arvicole, talpe e topi costituiscono la sua “dieta base”, alla quale può aggiungere grossi insetti. Come accade per altri rapaci, inghiotte le proprie prede intere, rigurgitando successivamente pelo, ossa ed esoscheletri di insetti sotto forma di borre (piccoli ammassi sferici). Nonostante i suoi movimenti in volo siano più lenti rispetto a quelli di altri uccelli notturni, in caso di pericolo riesce a involarsi e a fuggire facilmente.
Questo Strigiforme ha una diffusione cosmopolita: dalla Penisola Scandinava a grande parte del continente africano, dall’America centrale e settentrionale all’America latina, sino a Indocina e Australia, il Barbagianni è presente in tutti i continenti, eccetto l’Antartide. Ama cacciare nei prati, in zone incolte erbacee e zone ecotonali, abbondanti di siepi, filari e corsi d’acqua. Nel bosco, predilige le zone marginali, mentre evita le fasce più ricche di vegetazione dell’interno. La sua presenza è particolarmente favorita da grandi aree aperte, magari con canali di irrigazione e fiumi. Tuttavia, non risente particolarmente dell’intervento dell’uomo sul territorio: frequenta tranquillamente ambienti antropizzati quali parchi e giardini, nonché caseggiati rurali in zone di campagna coltivata.
Nelle zone interne e periferiche dei centri urbani può insediarsi con facilità in aree rurali a mosaico. Cascinali, silos, fienili, ruderi, soffitti e travi di vecchi edifici vengono facilmente assunti come rifugio e base per il nido, che non sarà mai veramente “costruito” ma semplicemente assumerà le sembianze di un luogo protetto e riparato. Durante la stagione degli amori, il maschio corteggia la femmina offrendole una preda. Tra aprile e maggio, i mesi della riproduzione, vengono deposte dalle tre alle nove uova, che saranno covate dalla femmina per circa quaranta giorni. Durante questo periodo, è il maschio a provvedere al nutrimento della compagna. Una volta nati, i pulcini saranno poi accuditi e nutriti, ancora per diverso tempo, da entrambi i genitori.
Le numerose sottospecie di Barbagianni presentano piccole differenze nei colori del piumaggio, sempre molto luminoso. Tratto comune alle diverse sottospecie è la parte superiore, che mescola color grigio cenere, arancione pallido e giallo ocra, ma anche ventre e petto completamente bianchi. Le differenze tra i sessi non sono accentuate: le femmine sono di poco più grandi dei maschi e il loro piumaggio è di colore leggermente più scuro. Caratteristiche inconfondibili sono gli occhi profondi e obliqui, e la maschera facciale bianca a forma di cuore. Proprio questa macchia bianca non è solo una prerogativa cromatica della specie, ma riveste anche importanti funzioni di senso: utilizzata come se fosse un grande padiglione, attraverso di essa sono incanalate e trasmesse le onde sonore verso i canali auricolari, in modo tale che possano essere uditi suoni a una grande distanza. Sono proprio le sue capacità uditive, e visive, a rendere il Barbagianni un temibile predatore.
Nel nostro Paese, è utile distinguere due principali popolazioni di Barbagianni. Nelle bioregioni continentale e alpina si può osservare una tendenza negativa, comune alle Alpi e a grande parte dell’areale padano, in cui si considera come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) una densità riproduttiva di 10 coppie per 100 km². Nell’area mediterranea, dove la specie appare in migliore stato di conservazione, è auspicabile il mantenimento di densità più elevate, pari a 20 coppie per 100 km² a scala di comprensorio, e a una sola coppia per km² su scala locale.
Fondamentale, dal punto di vista della conservazione della specie, appare mantenere in condizioni idonee i siti riproduttivi attualmente frequentati. In alternativa, è consigliabile predisporre, tra i mesi di febbraio e luglio, apposite cassette-nido, utilizzate dalle coppie nidificanti, su edifici ristrutturati o salvati dalla demolizione. Strutture più imponenti, come impianti industriali e cascinali agricoli dismessi, dovrebbero poi essere sottoposti a interventi di ristrutturazione “a rotazione”, per settori e periodi diversi, così che nel periodo riproduttivo non ci sia totale assenza di luoghi adatti alla deposizione delle uova. È inoltre opportuno, data la minaccia di folgorazione, mettere in atto opportuni interventi di messa in sicurezza degli elettrodotti in aree coltivate e di fondovalle.
Nello stesso tempo, è necessario mantenere e creare siti adatti alla riproduzione nelle aree agricole interessate da fenomeni di urbanizzazione crescente, nonché dalla costruzione di nuove infrastrutture quali strade e autostrade. Una problematica che interessa in modo particolare la Pianura Padana – con nuove autostrade e ferrovie in progetto – ma anche le regioni centrali e meridionali. Proprio in questi contesti sarebbe opportuno progettare lunghi tratti di strada in trincea e collocare opportuni pannelli a bordo della sede viaria – in particolare se questa è sopraelevata rispetto al piano di campagna – allo scopo di deviare verso l’alto le traiettorie dei rapaci.
Da non dimenticare l’azione di informazione verso gli agricoltori, a cui il Barbagianni può portare molti benefici. In effetti, parte della sua dieta è costituita da roditori e talpe, estremamente dannosi per le colture e i terreni agricoli. Ecco perché vano incoraggiate soluzioni come l’apposizione di cassette nido montate lateralmente rispetto ai fienili.
Particolarmente rischioso per il Barbagianni è il traffico veicolare su strade a elevato scorrimento, che percorrono vasti tratti pianeggianti e con sede sopraelevata rispetto al piano campagna. La maggior parte dei casi di esemplari morti è infatti dovuta al traffico veicolare. Il Barbagianni costituisce circa il 39% della totalità di Strigiformi trovati morti sulle strade italiane nel triennio 1996-1999.
Folgorazione e impatto causati da cavi elettrici sono un altro esempio del rischio di danni alla specie causato da interventi e infrastrutture costruite dall’uomo. Altra causa di disturbo è rappresentata dalla distruzione di alcuni tra i siti più utilizzati per la nidificazione come ruderi, capannoni industriali, vecchi edifici dismessi, a causa di ristrutturazioni o demolizioni complete.
Ulteriore problema, spesso causa di morte, è rappresentato dal rischio di avvelenamento, tanto in ambienti agricoli, quanto in contesti urbani, in cui sono in atto azioni di derattizzazione. Come accade anche per l’Allocco, infatti, anche per il Barbagianni è potenzialmente letale l’ingerimento indiretto di rodenticidi, a causa del consumo alimentare dei piccoli mammiferi, dei quali la specie è ghiotta.
Tra le cause naturali di mortalità degli individui, figurano anche la predazione da parte un altro Strigiforme, il Gufo reale (Bubo bubo ), nonché condizioni climatiche non adatte alle esigenze ecologiche della specie (quali inverni particolarmente rigidi caratterizzati da un prolungato e intenso innevamento). Durante il periodo della riproduzione, il Barbagianni può poi essere “spodestato” dall’Allocco (Strix aluco ), che ne occupa i siti scelti per deporre le uova, all’interno di vecchi palazzi o edifici diroccati.
Nonostante la popolazione nidificante europea di Barbagianni sia consistente, nel corso del ventennio 1970-1990 si è registrato un moderato declino. La quantità di individui si è invece mostrata stabile – o addirittura in aumento in diverse zone d’Europa – nel corso del decennio successivo. Tuttavia in vari Paesi europei la specie risulta in declino, tra cui anche la popolazione-chiave spagnola. Fattori che contribuiscono a disegnare un quadro generale di difficoltà per la specie negli anni più recenti.
Per il momento, la Lista Rossa Nazionale considera la specie “a più basso rischio”, mentre ne è proibita la caccia ai sensi della legislazione venatoria (157/92). La popolazione europea è compresa tra le 11mila e le 220mila coppie riproduttive. Si stima che circa i due terzi del totale siano concentrati in Francia e Spagna. La popolazione italiana è invece compresa tra 6mila e 13mila coppie. Nei Paesi europei, il successo riproduttivo è piuttosto alto, se paragonato a quello registrato nel nostro Paese.
In Italia, la specie è localmente stabile, anche se in decremento, e sul lungo periodo risente di fluttuazioni in relazione all’abbondanza di prede e alle caratteristiche meteoclimatiche degli inverni. É presente nelle regioni biogeografiche alpina, continentale e mediterranea, soprattutto a quote inferiori ai 400-500 metri, nonostante la si possa sporadicamente ritrovare anche a quote superiori (in genere fino a 700-800 metri). In Italia vive anche a quote più elevate, fino a 900-1.000 metri su Alpi e Appennini e addirittura fino a 1.500 metri in Sicilia.
Nelle regioni alpina e continentale la popolazione appare in declino, tanto sulle Alpi quanto in Pianura Padana. In particolare, declini si sono registrati nel Pavese, già tra il 1963 e il 1977, così come a Roma, all’interno del Grande Raccordo Anulare, nel corso degli anni ’90, quando erano stimate sole 15-20 coppie. Nel corso dello stesso decennio, si sono poi verificate totali scomparse in provincia di Biella e Brescia. Sono attualmente stimate 50-500 coppie in Piemonte, 500-1.500 coppie in Toscana, 4-5mila coppie in Sicilia.
In provincia di Roma, la specie è concentrata in contesti urbani e suburbani e in aree edificate; ma può facilmente sostare anche in boschi decidui e in aree archeologiche in contesti urbani e zone limitrofe. Nei contesti rurali, si concentra nelle aree agricole, in boschi decidui e in boschi di conifere. In Puglia, è piuttosto frequente la nidificazione sulle parti più basse delle pareti rocciose nelle gravine.
La specie nel nostro Paese risente purtroppo di una serie di condizioni sfavorevoli, dal rischio di avvelenamento – a causa dei veleni utilizzati per la derattizzazione – alla riduzione dell’habitat idoneo a causa delle ristrutturazioni o delle demolizioni di vecchi edifici. Fino alla più importante causa di morte, rappresentata, oggi, dal traffico veicolare. Fattori che hanno causato un generale decremento della specie nel nostro Paese, con particolare riferimento alla regione biogeografica alpina e continentale.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | In stabilità/incremento | Inadeguato |
Popolazione | Stabile, localmente in aumento | Cattivo |
Habitat della specie | Stabile/in aumento | Inadeguato |
Complessivo | Cattivo |
* Variazione della popolazione negli anni
Dalla sonorità peculiare, il canto del Barbagianni suona all’orecchio come un grido acuto e penetrante, stridente, quasi come il “fischio” di una pentola a vapore lasciata troppo a lungo sul fuoco…