OCCHIONE - Uccelli da proteggere

Vai ai contenuti principali
Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliOCCHIONE

NOME SCIENTIFICO: Burhinus oedicnemus
 

Altrove noto con il nome di Stone curlew – “chiurlo delle pietre”, data la sua abitudine di nidificare tra un masso e l’altro – l’Occhione deve il proprio buffo nome ai grandi occhi che lo rendono inconfondibile e sono un chiaro indice delle abitudini crepuscolari e notturne di questa specie. Niente affatto timido nei confronti dell’uomo, teme piuttosto i predatori, da cui si difende alla perfezione proprio grazie al grande occhio, donato dalla natura per vedere quando gli altri non vedono, per volare quando altri uccelli sono costretti a restar nel nido…

Minacce

Dalle esigenze ecologiche molto specifiche, l’Occhione non trova agevolmente siti adatti in cui costruire il nido nel nostro Paese. La specie evita infatti accuratamente versanti scoscesi e ogni tipo di sito in cui la vegetazione risulti troppo alta o fitta. Anche le aree fredde, ventose o eccessivamente umide non sono bene accette per questa specie, che predilige i terreni aperti con ampia visibilità – con la possibilità cioè di correre al suolo – e buona disponibilità d’acqua.

Brughiere con chiazze di erba bassa, terreno nudo, pascoli magri e rocciosi, dune con erba bassa, aree umide – quali i greti dei fiumi – asciutte durante la stagione estiva, terreni coltivati in modo estensivo. Questi gli ambienti preferiti, che però nel nostro Paese risultano estremamente ridotti o comunque particolarmente soggetti al disturbo da parte dell’uomo.

Anellidi, artropodi della superficie del suolo e molluschi costituiscono le prede principali della specie, piuttosto diffuse nelle praterie semi-naturali, non altrettanto nelle aree soggette ad agricoltura meccanizzata.

Mal tollerante alla vegetazione troppo fitta – e quindi alle precipitazioni troppo abbondanti – la specie dipende fortemente, almeno in Italia settentrionale, dagli ambienti fluviali – o meglio, dalle aree semi-incolte comprese tra il fiume vero e proprio e la terraferma – che sono l’ideale per abbinare la possibilità di costruire il nido all’ampia disponibilità di cibo. In questi casi, a pesare in modo grave sulla specie sono gli interventi di regimazione o sistemazione degli alvei fluviali, che il più delle volte portano al degrado o alla perdita degli ambienti di greto marginali al corso principale del fiume che risultano invece fondamentali per la specie.