OCCHIONE - Uccelli da proteggere

Vai ai contenuti principali
Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliOCCHIONE

NOME SCIENTIFICO: Burhinus oedicnemus
 

Altrove noto con il nome di Stone curlew – “chiurlo delle pietre”, data la sua abitudine di nidificare tra un masso e l’altro – l’Occhione deve il proprio buffo nome ai grandi occhi che lo rendono inconfondibile e sono un chiaro indice delle abitudini crepuscolari e notturne di questa specie. Niente affatto timido nei confronti dell’uomo, teme piuttosto i predatori, da cui si difende alla perfezione proprio grazie al grande occhio, donato dalla natura per vedere quando gli altri non vedono, per volare quando altri uccelli sono costretti a restar nel nido…

Prospettive

Accanto alla conservazione degli “ambienti di greto” – accompagnata alla tutela dal disturbo antropico particolarmente impattante soprattutto quando queste aree sono frequentate da fuoristrada o moto da cross – è assolutamente necessario, per restituire una prospettiva a questa specie, mantenere forme di agricoltura e pastorizia estensive nelle aree agricole abitate dall’Occhione. In particolare, sono da preferirsi coltivi a crescita tardiva, favorendo invece il pascolo brado delle praterie – capace appunto di mantenere la vegetazione bassa – nonché il mantenimento attorno ai campi coltivati di elementi marginali a vegetazione spontanea, utili per questa come per molte altre specie di uccelli selvatici.

Ben studiata soprattutto nell’Italia settentrionale e centrale, la specie non può essere oggetto di una precisa indicazione in termini di Valore di Riferimento Favorevole (FRV), mancando molti degli essenziali parametri demografici e riproduttivi, con particolare riguardo al tasso medio di mortalità. Resta l’esigenza di garantire la protezione delle principali località di nidificazione accertata attraverso la tutela dei siti e, ove necessario, una gestione attiva dell’habitat.

Nelle aree più importanti per la specie, poi, andrebbero favorite e mantenute densità non inferiori a 0,3-0,4 individui per ettaro, monitorando periodicamente lo stato di conservazione della specie e del relativo habitat anche a livello locale. Solo in questo modo si riuscirà ad arrestare un decremento che non accenna ad arrestarsi, pur avendo assistito a locali e confortanti incrementi che appaiono però limitati a determinate aree, se pure importanti, come ad esempio quella del Fiume Taro, nel Parmense.