PICCHIO ROSSO MINORE - Uccelli da proteggere

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Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliPICCHIO ROSSO MINORE

NOME SCIENTIFICO: Dendrocopos minor
 

Dalle dimensioni simili a quelle di un passero, è il più piccolo tra i picchi europei e, per le sue abitudini elusive, è difficile da osservare in natura. Preferisce i boschi di conifere, ma frequenta ogni tipo di bosco maturo che possa offrirgli larve all’interno dei tronchi. Come tutti i picchi, infatti, sonda con il becco le parti che rimbombano per poi forare il legno con colpi ben assestati. Per nidificare, scava cavità in tronchi preferibilmente marcescenti, ma spesso occupa anche vecchie cavità naturali o realizzate da altre specie. Nonostante le sue piccole dimensioni, quando deve delimitare il territorio, riesce a farsi sentire a grande distanza, colpendo velocemente e ripetutamente il tronco cavo per dissuadere eventuali intrusi…

Prospettive

La specie in Italia è sufficientemente studiata per quanto riguarda la sua distribuzione in alcuni contesti forestali di pianura, prealpini e appenninici del Centro-Nord ma, a causa della sua elusività, può essere facilmente sottostimata in diversi comprensori anche ampi. Dense di lacune le conoscenze in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno. A livello italiano, mancano inoltre dati quantitativi sul successo riproduttivo e trend di popolazione fondati su serie storiche sufficientemente ampie.

Sulla base dei valori di densità noti, per gli ambienti forestali più idonei e continui – quali boschi maturi di latifoglie e, in seconda misura, boschi misti alpini, prealpini e appenninici – si propone un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) a scala di comprensorio pari a 1,5 coppie per kmq, per aree mediamente idonee, e a 5 coppie per kmq per aree vaste particolarmente vocate. A scala locale, si può proporre un valore di 2 coppie per 10 ettari (che può essere ampiamente superato in aree poco estese e particolarmente favorevoli).

Le medesime densità sono da ritenersi raggiungibili anche in boschi planiziali, spesso golenali, sufficientemente integri ed estesi. Densità inferiori, già registrate in questi ultimi ambiti, possono essere messe in relazione anche a un’eccessiva frammentazione e isolamento dei “patch forestali”. Da questo punto di vista, specialmente in ambito planiziale e agricolo, andrebbe rivolta maggiore attenzione nella pianificazione territoriale, prevedendo azioni volte al mantenimento e al rinforzo di efficaci reti ecologiche tramite la creazione di boschi in aree agricole – maggiori di 4 ettari – in connessione geografica con quelli ripariali delle principali aste fluviali. Ciò permetterebbe, tra l’altro, una più rapida colonizzazione delle fasce interne più isolate, a partire dai settori centro occidentali della Pianura Padana, come sembrano dimostrare le recenti nidificazioni registrate in diverse aree lombarde.

La promozione di strategie selvicolturali che prevedano il rilascio di un numero significativo di piante senescenti e morte, nonché il mantenimento di tutte le piante cavitate, possono favorire notevolmente la specie. Vanno inoltre contrastati l’abbandono dei castagneti da frutto, soprattutto nell’Appennino medio-collinare – formazioni ove si registrano le densità più importanti della specie – nonché la contrazione e la manomissione della boscaglia ripariale a salici, pioppo bianco, frassino e dei querceti planiziali con alberi vetusti.