PICCIONE SELVATICO
NOME SCIENTIFICO: Columba liviaNonostante non si tratti di una specie migratrice, il Piccione selvatico mostra una spiccata capacità di orientamento per ritrovare sempre la propria colombaia. Proprio per questo, il Piccione selvatico è stato addomesticato dall’uomo fin dall’antichità. Come i “piccioni viaggiatori”, da sempre utilizzati per trasportare messaggi fino all’invenzione del telegrafo. Le capacità di volo di un piccione e il suo “raggio d’azione” sono impressionanti: in condizioni di tempo ottimale, può percorrere anche 800 km a una media di 70 km l’ora, per ritornare alla colombaia di origine a cui rimane legato per tutta la vita…
Ordine: Columbiformes Famiglia: Columbidae
Di dimensioni intermedie tra Colombaccio e Colombella, la specie è dotata di un’apertura alare di 63-70 centimetri, per 30-35 centimetri di lunghezza, e può pesare fino a 370 grammi. È riconoscibile per la livrea grigio-blu su testa, collo e petto, per le barre nere sulle ali nonché da groppone e dal sottoala bianchi. Se nelle popolazioni selvatiche il colore è stabile, in quelle rinselvatichite varia sensibilmente: si possono trovare individui totalmente bianchi, neri o pezzati. La coda è bordata di bianco. Gli occhi sono arancioni e possono essere circondati da anelli grigio-bianco. Le zampe sono rossastre.
Sedentario e diffuso in tutti i continenti – la sottospecie nominale C. livia è presente dall’Europa alla Russia europea, dall’Iraq alle Canarie – il Piccione selvatico presenta un areale molto ampio che comprende sia le popolazioni selvatiche sia quelle “rinselvatichite” (altrimenti conosciute come “piccioni torraioli”). Le popolazioni selvatiche nidificano prevalentemente nelle zone costiere e interne, poco accessibili, ricche di grotte e anfratti; quelle rinselvatichite frequentano centri urbani, cascinali e costruzioni isolate.
Presente in Italia come nidificante soprattutto nell’Appennino centro-meridionale e sulle due isole maggiori, il Piccione selvatico si ciba per lo più di semi. Predilige pareti rocciose, spesso ubicate in aree con presenza di ambienti aperti coltivati o parzialmente coltivati, con ampia disponibilità di semi e acqua. Vive tipicamente in colonie, dove nidifica in qualsiasi mese dell’anno.
Durante la fase dell’accoppiamento, il maschio e la femmina compiono un preciso “rituale”, prendendosi per il becco e piegando il collo vicendevolmente, più e più volte. La femmina depone così in un anfratto naturale o artificiale – anche lungo nelle cavità dei viadotti – 2 uova per ogni covata, di colore candido, per 5 covate l’anno o anche più. All’incubazione provvedono entrambi i genitori, per circa 2 settimane. I pulcini saranno alimentati dalla coppia per i primi 5 giorni di vita con una sorta di “bolo” rigurgitato dal gozzo dei genitori e, per i giorni successivi, l’alimentazione sarà composta da un mix tra questa sostanza, semi di grano, mais, ecc. Entro un mese dalla schiusa i pulcini abbandonano il nido e sono in grado di volare autonomamente.
La specie in Italia è poco studiata. È dunque necessario implementare studi volti ad indagare distribuzione effettiva, dimensione delle popolazioni ed ecologia, biologia riproduttiva e – soprattutto – interazioni con individui e popolazioni rinselvatichite da parte dei nuclei selvatici superstiti.
Rispetto alla determinazione di un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la specie, possono essere distinti due principali areali, uno sardo e uno continentale. Quest’ultimo areale è probabilmente frammentato in sub-areali, almeno in parte discontinui e di difficile individuazione sulla base delle poche informazioni disponibili.
Si propongono pertanto due distinte analisi. Per la popolazione sarda – che conta verosimilmente più di 2.500 coppie – risulta impossibile proporre un FRV, non essendo noti i valori di densità. Per quelle continentali – tutte costituite verosimilmente da un numero inferiore di coppie nidificanti, anche se le scarse conoscenze impediscono una stima accurata – è possibile formulare un FRV basato su PVA, utilizzando i dati su età della pima riproduzione (1 anno), mortalità nota dei giovani (circa 43%) ed età massima (7 anni): in base a questi valori – e considerando anche il fatto che le popolazioni mediterranee depongono in media due covate all’anno – si può ipotizzare una produttività pari a 0,75 giovani per coppia per covata, quindi 1,5 giovani per coppia all’anno, ottenendo una MVP pari a circa 500 coppie e assumendo questo valore come FRV per le principali popolazioni continentali della specie.
Per il futuro, è necessario definire con maggior precisione localizzazione ed entità delle popolazioni selvatiche e analizzarne ecologia, biologia riproduttiva, interazioni con individui domestici rinselvatichiti. Da quest’ultimo punto di vista, è necessario favorire condizioni di isolamento delle popolazioni selvatiche ancora esistenti. Altre misure utili alla specie consistono nella limitazione del disturbo antropico presso i siti riproduttivi delle principali popolazioni selvatiche e nel mantenere sotto stretto monitoraggio la consistenza delle popolazioni inferiori a 500 coppie, evitando disturbo e possibili alterazioni ambientali presso i siti riproduttivi.
La principale minaccia per questa specie deriva dalla perdita delle caratteristiche originarie causata dall’ibridazione con colombi domestici rinselvatichiti. Da questo punto di vista, il quadro su scala nazionale – dopo i dati del Rapporto Birdlife (2004) che indicavano un trend stabile – è in recente peggioramento, con decrementi più marcati nelle aree interne ove appare marcato il rischio di estinzione genetica della sottospecie nominale dovuto proprio all’ibridazione.
Rispetto a questa minaccia, la principale forma di tutela è forse rappresentata dal ricreare condizioni di isolamento geografico per le popolazioni selvatiche rispetto a quelle rinselvatichite. Sfortunatamente, su scala locale il quadro appare ancora più preoccupante con intere aree – ad esempio alcune isole della Sicilia ma con un quadro probabilmente estendibile ad altre zone dell’isola – occupate oramai da popolazioni nella sola forma domestica.
Altro fattore di potenziale minaccia è costituito dal disturbo antropico arrecato lungo le coste, specialmente in periodo estivo. Principali fattori all’origine della perdita delle covate sono invece predazione (18,7%), abbandono (9,2%), infertilità delle uova (5,3%). Tra le cause di mortalità dei giovani vanno ancora individuate la predazione (8,1%) e la morte nel nido (20,9%).
Per l’Italia, non si dispone al momento di informazioni specifiche sul successo riproduttivo della specie. Su 812 uova deposte nell’Humberside, nel Regno Unito, 541 (circa due terzi) si sono schiuse e 384 giovani (poco meno della metà) sono giunti all’involo.
Attualmente classificato come sicuro nell’Unione europea, il Piccione selvatico presenta uno stato di conservazione favorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si registra un moderato incremento della popolazione nidificante nei territori dell’Europa “comunitaria” nel periodo 1970-1990, e trend sconosciuto nel successivo periodo 1990-2000.
La popolazione dell’Unione europea è ad oggi stimata in 4.200.000-6.300.000 coppie, quella italiana in 3.000-7.000 coppie, con andamento stabile. Poco meno della metà (41-45%) della popolazione continentale e una frazione compresa tra il 5 e il 24% della popolazione globale della specie nidifica entro i territori dell’Ue, mentre il contingente italiano non appare significativo a livello europeo.
Il trend reale delle popolazioni selvatiche è difficilmente identificabile a causa dell’incertezza generata dalle popolazioni “addomesticate” di colombo, conteggiate nelle stime sopra riportate. Sarebbe quindi auspicabile uno “scorporo” sia per la popolazione italiana sia per quella europea.
Ad oggi, non è stato redatto un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. Il Piccione selvatico è inserito nell’Allegato II/1 della Direttiva Uccelli ed è considerata specie vulnerabile nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie non cacciabile in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92).
Il Piccione selvatico appare fortemente minacciato dalla presenza massiccia di individui e popolazioni rinselvatichite di colombo domestico, che ne stanno causando la progressiva scomparsa a livello genetico. La popolazione continentale potrebbe essere inoltre piuttosto ridotta – con le varie unità disgiunte quasi sicuramente inferiori all’FRV – e frammentata in nuclei tra loro più o meno isolati. Verosimilmente stabile l’habitat della specie.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | Variazioni poco conosciute | Sconosciuto |
Popolazione | In calo, rischio estinzione genetica | Cattivo |
Habitat della specie | Stabile | Favorevole |
Complessivo | Cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Durante la fase riproduttiva, quando il maschio si accinge a corteggiare la femmina gonfia il collo, girando più volte su se stesso in una bizzarra danza ed emettendo un suono inconfondibile, che suona all’orecchio come un suadente “trr”.