RE DI QUAGLIE
NOME SCIENTIFICO: Crex crexPer secoli la storia del Re di quaglie e quella dell’uomo sono state inestricabilmente legate. Si narra che già Aristotele ne conoscesse l’esistenza, avendone descritto la migrazione nella sua Historia animalium. Specie oggi poco conosciuta, eppure strettamente dipendente da un ambiente costruito dall’uomo, quello dei prati-pascoli da cui si ricava il fieno per il bestiame…
Ordine: Gruiformes Famiglia: Rallidae
Gruiforme di medie dimensioni, il Re di quaglie passa la propria vita camminando sui prati regolarmente falciati e concimati dall’uomo, per ricavarne fieno. I fondovalle delle aree alpine, e comunque tutte quelle aree nei pressi degli alpeggi dove i prati sono soggetti a gestione costante, sono l’habitat preferito per questa specie, che non ama invece i prati incolti.
Piuttosto ampio l’areale di nidificazione, che va dall’Europa alla Siberia occidentale. In Italia, questo uccello è presente unicamente sull’area alpina centro-orientale, dalla Lombardia al Friuli-Venezia Giulia. Anche l’alta pianura vicentina e friulana vedono la presenza della specie, che comunque è presente solo d’estate, da aprile a settembre, quando prende il volo per raggiungere i quartieri di svernamento posti nell’Africa centro-meridionale e sud-orientale.
Più simile alla Starna che alla Quaglia comune, questa specie presenta un piumaggio bruno-fulvo, con iride rossastro. Capo e petto sono grigi nel maschio, mentre le parti superiori dell’ala appaiono di un bruno chiaro e lucente, che ricorda il colore delle nocciole. Animale prettamente terrestre – di solito il modo migliore per osservarlo è coglierlo di sorpresa in un prato mentre cammina alla ricerca di cibo – il Re di quaglie è in realtà un abile volatore, in grado di coprire distanze immense durante la migrazione.
Anche il Re di quaglie, come altre specie simili, utilizza il canto per attirare la femmina e delimitare il territorio. Il piumaggio stesso viene drizzato ed esibito durante la tradizionale “danza amorosa” che avviene in primavera, tipicamente nel mese di aprile. Il nido – in cui la femmina depone fino a 14 uova – viene costruito su un cuscinetto d’erba, nella bassa vegetazione.
Le più importanti azioni da intraprendere per la tutela del Re di quaglie a livello europeo, tutte egualmente importanti, consistono nella promozione dell’agricoltura non intensiva basata su ambienti prativi. Seconda necessità, quella di promuovere politiche europee, nazionali, regionali e locali per la sua tutela, con particolare riguardo alla necessità di proteggere tramite apposite norme i siti chiave per la specie.
Per l’Italia, il problema maggiore appare legato alla necessità di evitare sfalci meccanizzati durante la stagione riproduttiva, che di norma comprende due covate, favorendo una gestione dei prati e dei pascoli compatibile con le esigenze ecologiche della specie, che appare in uno stato di conservazione estremamente critico. Se la popolazione trentina di Re di quaglie ha infatti conosciuto un andamento abbastanza confortante nell’ultimo decennio, lo stesso non si può dire della popolazione friulana, addirittura dimezzata in quattro anni (da 325 a 146 maschi cantori tra il 2000 e il 2004).
L’andamento altalenante della specie, le notevoli fluttuazioni registrate a livello locale – solo in parte dovute alle condizioni in cui versano i siti di nidificazione – delineano in ogni caso un quadro estremamente preoccupante, al di là di locali incrementi. Non è comunque possibile formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), data la scarsissima disponibilità di accurati parametri demografici e riproduttivi. In termini di densità, 1,3 maschi cantori per km quadrato nelle aree vocate alla specie – o 5 maschi per 10 ettari – sono l’obiettivo minimo da perseguire per sostenere le popolazioni superstiti.
Condizione imprescindibile per raggiungere questo target è modificare la gestione degli sfalci, evitando di intervenire con mezzi meccanici durante la stagione riproduttiva e prevedendo comunque sfalci il più possibile tardivi e “a mosaico” e mantenendo invece porzioni di vegetazione erbacea non falciata per una o più stagioni. Il tutto favorendo tramite politiche adeguate il recupero delle pratiche agricole tradizionali funzionali all’allevamento del bestiame, che hanno rappresentato per secoli una risorsa importantissima per questa specie.
Amante delle medie latitudini – l’Italia settentrionale si trova ai limiti dell’areale di nidificazione – il Re di quaglie abita tipicamente zone di pianura. Fa eccezione la Russia, dove la specie è stata rinvenuta anche fino a 3mila metri, e anche l’Italia stessa, dove la specie abita prevalentemente le praterie prealpine e alpine, a quote comprese – fatta eccezione per qualche coppia nidificante in pianura – tra gli 800 e i 1.450 m.
Gli ambienti idonei alla specie includono praterie umide, non fertilizzate, e prati regolarmente falciati in aree di agricoltura non intensiva. Prati da sfalcio e da foraggio in aree umide o inondate sembrano essere l’habitat più importante in Europa, anche se per l’Italia prevalgono certamente, quanto a importanza per la specie, le praterie alpine e prealpine.
Proprio le grandi modificazioni che hanno riguardato questi ambienti lungo l’intera seconda metà del Novecento, sono state la principale causa del declino storico della specie, che non tollera lo sfalcio meccanico, diventato pratica comune nella maggior parte dei coltivi. Oltre che allontanare la specie, lo sfalcio meccanico è anche responsabile diretto della distruzione di uova e pulcini, e talvolta anche dell’uccisione di individui adulti.
Oltre a questo, la perdita di praterie e zone umide a vantaggio del bosco, ha giocato a sfavore della specie, che potrebbe anche aver sofferto per un accresciuto utilizzo di pesticidi e per locali incrementi nel numero di predatori di uova e pulcini. L’attività di sfalcio attuata con mezzi meccanici in periodo riproduttivo resta comunque la principale causa della distruzione di uova e pulcini, comportando molto spesso la perdita di intere nidiate.
Larghissimo il declino mostrato dalla specie durante il secolo scorso, nell’intero continente europeo e in particolare in Europa occidentale. Forse proprio per questo il Re di quaglie, prima poco considerato e conosciuto, ha attirato l’attenzione degli ornitologi, tanto che la specie è stata oggetto di un Piano d’Azione Internazionale specifico, oltre che essere inclusa tra le specie protette dalla Direttiva Uccelli.
Un declino che comincia già nella prima metà XIX secolo, quando i primi studiosi registravano un drammatico calo in Danimarca, Germania e successivamente nel Regno Unito. Nel secolo successivo il declino si estese a Francia, Norvegia e Russia, fino a raggiungere il suo picco massimo durante gli anni Ottanta, che hanno visto una riduzione delle popolazioni superiore al 50% in diverse nazioni europee (addirittura l’81% in Irlanda tra il 1988 e il 1993).
Attualmente, anche a seguito di una confortante ripresa tra il 1990 e il 2000, la popolazione dell’Ue è stimabile in 110-160mila coppie, pari a una frazione piuttosto modesta di quella continentale complessiva, che potrebbe raggiungere i 2 milioni di copie. E l’Italia? Solo 450-570 i “maschi cantori” censiti, una cifra nettamente superiore alla precedenti stime ma che potrebbe rispecchiare più un miglioramento delle conoscenze che un effettivo incremento della popolazione nidificante.
Pari a circa il 4% della popolazione “comunitaria” – e a una frazione infinitesimale di quella continentale complessiva – il contingente italiano merita comunque la massima attenzione, essendo la specie minacciata a livello globale. Soggetta a forti fluttuazioni periodiche, la specie è attualmente diffusa principalmente sulle Alpi orientali, con limite occidentale in Lombardia e “picchi di presenza” tra Friuli e Trentino.
La popolazione italiana di Re di quaglie è sicuramente superiore a quella ipotizzabile anche solo qualche anno fa. Purtroppo, come in altri casi, si tratta più probabilmente di un incremento delle conoscenze che di un incremento effettivo del contingente nidificante. Ulteriore prudenza nel valutare lo stato di conservazione della specie deriva dalle condizioni riscontrate a livello continentale, dove il Re di quaglie ha mostrato un larghissimo declino almeno fino agli anni Ottanta compresi. Per quanto riguarda l’Italia, la priorità è certamente quella di recuperare habitat idonei per la specie, per lo più prati e pascoli in aree collinari e montane non soggetti a sfalcio meccanizzato.
Fattore | Stato di salute | Stato di conservazione |
Range* | ridotto rispetto al passato | inadeguato |
Popolazione | fluttuante, relativamente ridotta | inadeguato |
Habitat della specie | in diminuzione/peggioramento | cattivo |
Complessivo | cattivo |
*Variazione della popolazione negli anni
Il verso di questo uccello, molto caratteristico, suona in tutto e per tutto come un “crex crex”, da cui l’origine latina del nome. Piuttosto taciturno durante il giorno, il Re di quaglie ama “cantare” durante le tranquille e terse notti d’estate tipiche delle valli alpine. Come spesso accade, è il canto del maschio la voce più caratteristica: di notte, quando tutto tace, il richiamo è udibile anche a diverse centinaia di metri di distanza, ma a differenza dei rapaci non proviene dal cielo, o dal folto del bosco, ma è emesso direttamente dal prato, dove il Re di quaglie risulta invisibile nell’oscurità…