CROCIERE - Uccelli da proteggere

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Uccelli da proteggere
 
Specie protette dalla Direttiva UccelliSpecie protette dalla Direttiva Uccelli
Specie particolarmente protette dalla Direttiva UccelliSpecie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
 

Specie protette dalla Direttiva UccelliCROCIERE

NOME SCIENTIFICO: Loxia curvirostra
 

Il loro aspetto singolare ha fatto sì che la fantasia popolare si sbizzarrisse. I crocieri sono conosciuti anche come “Uccelli di Cristo”: vengono così chiamati perché spesso li si può vedere nei giorni di Natale e una leggenda racconta che un Crociere avrebbe tentato di togliere le spine dalla corona che Gesù portava sulla croce: da qui il becco a forma di croce. Un altro nome popolare è “Uccello della gotta”: si credeva, infatti, che quest’uccello prendesse su di sé le malattie degli uomini, tra cui appunto la gotta…

Minacce

Il Crociere ha indubbiamente beneficiato dell’aumento dell’estensione dei boschi di conifere determinato dai numerosi impianti artificiali, sparsi un po’ in tutto il territorio montano. La specie mostra infatti, da questo punto di vista, buone doti di adattabilità, occupando foreste sia fitte sia più aperte, aree remote quanto aree fortemente antropizzate, purché siano presenti conifere mature e vi sia buona disponibilità di acqua. L’Abete rosso è l’essenza arborea favorita dalla specie, che frequenta comunque anche formazioni di altre conifere, dalle laricete alle pinete di Pino uncinato, dalle abetaie alle foreste di Pino silvestre.

È stato osservato come la predazione da parte di mammiferi (scoiattoli) e uccelli (soprattutto Corvidi) possa influenzare sensibilmente il successo riproduttivo. Tuttavia, l’esito della nidificazione – che può avvenire in qualunque stagione – appare legato soprattutto alla disponibilità di cibo. In Italia, è stata osservata un’elevata percentuale di nidi “di successo” ad esempio nelle Alpi Retiche (89%), con una dimensione media della covata di 3,87 e un tasso d’involo di 3,33 giovani per nido di successo. In Olanda, la percentuale di coppie di successo varia tra il 18% (1984) e il 79% (nel 1975-1980), con tasso d’involo pari rispettivamente a 2,6 e 3,2 giovani per coppia di successo.  

Pur in un quadro generale orientato alla stabilità, è la popolazione appenninica, nel nostro Paese, a mostrare segni di maggiore vulnerabilità, in quanto spesso composta da nuclei isolati senza continuità di areale (una situazione ancora più evidente per quanto riguarda la sparuta popolazione sicula). Più favorevole la situazione sull’area alpina, ove la specie può contare su un’ampia disponibilità di habitat idoneo.

Va rilevato come, almeno storicamente, gli abbattimenti diretti abbiano rappresentato un importante causa di mortalità per la specie. Una conferma arriva dalla distribuzione storica delle ricatture, relative a periodi nei quali la cacciabilità anche di questa specie era verosimilmente molto diffusa nell’area mediterranea.