Risaie - Uccelli da proteggere

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Risaie

Sgarza ciuffetto, di A. Alberi
 

“Senti le rane che cantano
che gusto che piacere
lasciare la risaia
tornare al mio paese
lasciare la risaia
tornare al mio paese.
Amore mio non piangere
se me ne vado via,
io lascio la risaia
ritorno a casa mia
io lascio la risaia
ritorno a casa mia”
Senti le rane che cantano
(Canto popolare delle mondine)

“Dal Vercellese a Molinella”, i canti popolari delle mondine – la maggior parte dei quali di protesta e denuncia per le difficilissime condizioni di lavoro di quei tempi – identificano in modo efficacissimo quella che è stata l’area geografica principale in cui erano diffusi questo tipo di ambienti. Vere e proprie paludi artificiali, le risaie allagate della bassa padana hanno costituito per decenni una valida alternativa per la nidificazione a tutta una serie di specie di uccelli legati alle zone umide.

In realtà, la scelta di convertire diverse zone pianeggianti alla coltivazione del riso è relativamente recente. Dopo l’introduzione della coltura in Italia alla fine del Medioevo – probabilmente ad opera degli spagnoli, ai quali era stata “portata” dai saraceni già nel VI secolo d.C. – la coltura si è progressivamente diffusa in gran parte della bassa Pianura Padana, specialmente Piemonte e Lombardia.

Si calcola che nel 1870 la produzione italiana di riso superasse i 48 milioni di quintali. Una vera e propria manna dal cielo, per rendere coltivabili terre altrimenti sterili, per utilizzare anche quei terreni paludosi – o in parte paludosi – ancora non raggiunti dalle grandi bonifiche.  Le operazioni di monda erano eseguite interamente a mano. Per questo, ogni anno, centinaia di operai (più spesso operaie) raggiungevano la risaia da ogni angolo del nord Italia.

Allo stesso tempo, la risaia si trasformava in un vero e proprio ecosistema, particolarmente prezioso per gli uccelli in particolare in tutte quelle aree allagate “limitrofe” – canali, margini delle risaie, ecc – che ospitavano la tipica vegetazione acquatica quali i canneti. Ancora oggi importantissimi per molte specie, gli ambienti risicoli sono stati interessati – e lo saranno probabilmente ancora di più in futuro – da profonde trasformazioni nel corso degli ultimi decenni, di pari passo con la meccanizzazione dell’agricoltura e con l’affermarsi di tecniche colturali meno compatibili con le esigenze ecologiche di molte specie acquatiche.