Zone umide - Uccelli da proteggere

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Zone umide

Zone-umide
 

“È la palude, che dal Ponto à nome.
Sì placida s’allunga., e da sì dense
famiglie di vivaci erbe sorrisa,
che ti pare una Tempe, a cui sol manchi
il venturoso abitatore. E pure
tra i solchi rei do la Saturnia terra
cresce perenne una virtù funesta
che si chiama la Morte. – Allor che ne le
meste per tanta luce ore d’estate
il sole incombe assiduamente ai campi,
traggono a mille qui, come la dura
fame ne li consiglia, i mietitori;
ed àn figura di color che vanno
dolorosi all’esiglio; e già le brune
pupille il velenato aëre contrista.
qui non la nota d’amoroso augello
quell’anime consola, e non allegra
niuna canzone dei natali Abruzzi
le patetiche bande. Taciturni
falcian le mèssi di signori ignoti;
e quando la sudata opra è compita,
riedono taciturni; e sol talora
la passione dei ritorni addoppia
col domestico suon la cornamusa.”
Aleardo Aleardi (poeta veronese) - “Monte Circello”

“Dove l’uomo separò la terra dalle acque”. Forse il testo più emblematico che rende conto delle immense trasformazioni subite dalle aree umide italiane negli ultimi secoli non è un brano di, pur affascinante, poesia, ma un testo di prosa. Un testo scientifico, scritto dal giornalista, scrittore e agronomo Antonio Saltini, di approfondimento su quelle che sono state – tra le tante bonifiche – le grandi opere di regimazione idraulica che hanno coinvolto, dagli Estensi in avanti, le grandi paludi emiliano-romagnole, che un tempo si spingevano dalla costa fino a Nonantola, nei pressi di Modena.

Una storia secolare di “lotta” tra l’uomo e la palude, quasi – in un’interpretazione che sarebbe però troppo semplicistica – tra bene e male. Laggiù, nella palude, stanno le malattie, sta la miseria. Qua, dove la terra è stata separata dalle acque – dando quasi valenza biblica a queste grandiose opere di regimazione idraulica – sta la salute, la prosperità, l’agricoltura che diventa praticabile in una terra resa fertile grazie alla tecnica.

La possibilità di guadagnarsi il pane: difficile e inutile mettere sotto accusa le bonifiche storiche. Eppure, la necessità di strappare terre ad uso agricolo ha causato molte vittime, di pari passo con la progressiva contrazione di questa tipologia ambientale. Mentre le stesse attività agricole in terreni a volte salmastri e poveri di sostanze fondamentali per la vita delle coltivazioni non sempre hanno dato all’uomo la “prosperità” promessa, come dimostra la necessità di disperdere in molte di queste aree gigantesche quantità di fertilizzanti, nonché di procedere a irrigazioni su vasta scala durante i periodi, sempre più frequenti, di siccità.

A prescindere da questo, è oramai evidente come gli ambienti umidi, da grande risorsa per molte specie animali e vegetali, si siano ridotti a piccole oasi. Spesso oasi ben tutelate e protette, di pari passo con una più moderna sensibilità ambientale che ha assegnato a questi luoghi il valore che meritano – nonché di pari passo con l’affermarsi di un’economia del terziario che non vede nello sfruttamento agricolo ad ogni costo la forma migliore di gestione economica di questi ambienti – eppure aree oramai ristrette e proprio per questo particolarmente delicate, esposte, come lo sono le popolazioni di uccelli che da queste aree – o da quel che ne resta – dipendono per il completamento del proprio ciclo riproduttivo.